Intervista a Gianrico Carofiglio, scrittore
per Fondazioni febbraio 2020
Un cielo azzurro «dilagante», un maestrale «che spazza certe giornate» e quelle strade «squadrate e regolari in cui ogni angolo sembra il punto di fuga verso un infinito pieno di promesse». È la Bari di Gianrico Carofiglio, la città natale descritta dalla mano dello scrittore che conosce per f ilo e per segno vicoli e odori di un luogo che è diventato il vero protagonista dei suoi libri. Nei romanzi dello scrittore ex magistrato, conosciuto soprattutto per la serie di racconti dell’avvocato Guerrieri, il luogo della sua infanzia e dell’adolescenza prende vita tra le righe del testo e diventa un’entità a sé stante, spesso spia delle emozioni degli uomini che animano le trame delle sue storie. «Oggi Bari e io abbiamo un rapporto amichevole, non senza qualche momento di diffidenza», racconta Carofiglio in questa intervista in cui svela quali
sentimenti lo leghino alla sua terra d’origine.
Bari è una coprotagonista imprescindibile dei suoi libri: ogni vicolo, ogni pezzo di strada, il tramonto, il buio in città è spia dello stato d’animo di un protagonista. Che rapporto ha con la sua città?
Da ragazzo volevo semplicemente andarmene. Per ragioni di età e desiderio di vedere il mondo, diciamo: desiderio di avventura. Ma anche perché la città del passato (a cavallo fra gli anni Sessanta e l’inizio degli anni Ottanta) non era un posto troppo ricco di stimoli e opportunità. Poi, sono successe tante cose a me personalmente – sono andato via e sono tornato – e alla città, che è diventata un posto molto più interessante e anche più bello. Oggi Bari e io abbiamo un rapporto amichevole non senza qualche momento di diffidenza. Forse è proprio questo a rendere la città protagonista, oltre che ambientazione, di molti miei romanzi.
Quanto c’è di reale e di inventato nel racconto della sua Bari?
Mi piace il racconto realistico mi piace parlare di luoghi che il lettore possa riconoscere o scoprire nel mondo reale. Al tempo stesso, però, mi piace inserire, in questo racconto, realistico degli spunti d’invenzione pura – ristoranti, librerie, palestre – che tengano il racconto dei luoghi in bilico fra vena realistica e momenti di straniamento.
La città prende forma nei suoi libri ma rimane sempre in un’atmosfera soffusa, inusuale, come se la volontà fosse quella di descrive una città “sospesa”. Che volontà si cela dietro questa scelta stilistica?
Quello che dicevo rispondendo alla domanda precedente. Mi piace tenere il racconto dei luoghi in bilico fra realismo e una dimensione vagamente onirica.
Né qui né altrove” è un libro diverso dai suoi famosi “legal thriller”: in queste pagine Bari di notte riporta alla memoria dei protagonisti ricordi di odori, sensazioni, sogni passati. La trama sembrerebbe un piacevole pretesto narrativo per raccontare la sua città. Può essere Mi piace tenere il racconto dei luoghi in bilico fra realismo e una dimensione vagamente onirica una chiave di lettura?
Sicuramente è una chiave di lettura. Il libro nasce proprio come una sorta di guida sentimentale alla città. La forma romanzesca, i personaggi, la loro storia sono venuti dopo.
Rigenerazione urbana: un tema attuale e tanto discusso. Come si può coniugare il recupero degli spazi con la tutela della memoria dei luoghi e delle tradizioni?
Credo che i luoghi vadano trattati come organismi viventi. Assecondando le loro naturali trasformazioni, prendendosi cura delle entità materiali e della memoria – le tradizioni, appunto – che portano con sé, ed evitando di trasformarli in realtà immobili come certi musei.
Dalla rivista Fondazioni gennaio – febbraio 2020