Valeria Mancinelli, riconfermata sindaca di Ancona nel 2018, è stata eletta “Sindaco del mondo” nel 2018. Ha cominciato ad amministrare la città quando gli effetti della crisi economica del 2008 erano ancora visibili e, a piccoli passi, ha contribuito a rendere Ancona una città sempre più vivibile, instaurando un rapporto di fiducia e collaborazione con i cittadini.
Come è cambiata Ancona dal 2013?
Sicuramente Ancona è cambiata in questi anni. Quando mi sono insediata la città viveva un momento particolarmente difficile. La crisi economica era al suo apice: la principale azienda privata, lo stabilimento Fincantieri, aveva poche commesse e tanti operai in cassa integrazione, erano in profonda crisi le altre aziende della cantieristica che producevano superyachts, ristagnava il commercio e il sistema della ricettività. A questo si aggiungeva la palude in cui si era cacciata la politica e, in particolare, l’amministrazione cittadina. Venivamo da due commissariamenti. Abbiamo lavorato a testa bassa per riprendere in mano tutto. Oggi i problemi restano tanti, ma molte cose sono cambiate: abbiamo riqualificato luoghi storici della città, fortemente identitari, ci siamo messi a servizio delle imprese e dello sviluppo del territorio che vive un buon momento, abbiamo attratto anche molti investimenti privati, abbiamo ricreato orgoglio e senso di appartenenza. Ancona è ripartita.
Lei è stata premiata anche per non aver fatto “promesse esagerate”, in controtendenza con la campagna elettorale permanente che Città si svolge nel nostro Paese e che contribuisce a creare un’immagine distorta della politica. Quanto ha contribuito questo atteggiamento a creare un senso di reciproca fiducia con i suoi cittadini?
Ho stabilito un patto di sincerità con i miei concittadini. Il che presuppone anche dire tanti “no”. Non è stato facile conquistarsi la fiducia. Nei primi due anni del mio mandato, per i problemi che raccontavo, ero chiusa quasi tutto il giorno con i miei collaboratori a lavorare a testa bassa per rimettere in piedi tutto: risanare il bilancio, riportare in pareggio tutte le aziende partecipate, ricostruire gli asset principali su cui far ripartire la nostra azione: dalle progettazioni all’acquisizione di fondi per fare investimenti, alla gestione sana dei teatri. Non risultavo simpaticissima, non ero proprio il sindaco da pacche sulla spalla a tutti. Ma
quando i frutti di questa azione rigorosa hanno cominciato a produrre i loro effetti, visibili, con i fatti concreti, le opere di riqualificazione, la gestione migliore dei servizi per i cittadini… allora ho sentito tanto crescere la fiducia delle persone attorno a me e all’amministrazione. Una grande soddisfazione. Si può fare politica senza bisogno di manipolare nessuno.
Si può creare una comunità o la si deve ricostruire? Il senso di bene comune e “cosa pubblica” possono essere “riattivati”?
Il senso di comunità c’è, esiste e trova mille rivoli per esprimersi. Penso a tutto il mondo dell’associazionismo e del volontariato, molto presente nella mia città. Una amministrazione ha il compito di riconoscere questa linfa straordinaria, esaltarla e tenerla insieme per amplificarne gli effetti. Oggi, per esempio, noi progettiamo tanti interventi di carattere sociale mettendo attorno ad un tavolo tanti interlocutori: dalla Caritas, alle associazioni di volontariato, le parrocchie, ma anche le associazioni di categoria o singole imprese. Lavorare insieme consente di non disperdere energie ed essere più efficaci.
Può esistere una città senza una comunità sana e solidale?
No, è evidente. La tenuta sociale di una comunità è imprescindibile dall’esistenza e dallo sviluppo di una città. E un’amministrazione ha una enorme responsabilità su questo. Può decidere quale strada percorrere. Le faccio un esempio: negli anni più duri per Ancona, anche dal punto di vista delle risorse economiche disponibili, abbiamo deciso di non tagliare mai un euro di spesa per il sociale già molto rilevante nel nostro bilancio. In quelle cifre ci sono le scelte che riguardano l’accoglienza, l’assistenza alle persone più fragili, dal mondo della disabilità a quello dei minori, degli anziani, delle donne vittime di violenza. Le città sono il frutto della visione di chi le abita e di chi le amministra.
Com’è l’Ancona del 2030 che ha in mente Valeria Mancinelli?
Ancona vedrà realizzato quanto abbiamo progettato con i cittadini nel nostro piano strategico: la ricucitura del rapporto tra terra e mare. Una frattura che risaneremo con grandi interventi di riqualificazione per i quali abbiamo già acquisito risorse per oltre 70 milioni di euro. E poi mi auguro che Ancona possa continuare nel suo percorso di sviluppo, di crescita. Il lavoro tiene insieme tutto: non si tratta di avere solo una città più ricca, ma anche una società più sana, più inclusiva, capace di alimentare fiducia nel futuro.
Cosa si può fare per garantire che la visione sopravviva dopo il termine della sua esperienza amministrativa?
Sperare di aver lasciato un buon esempio, un modello di riferimento da seguire, la consapevolezza che si possa fare buona politica costruendo più che demolendo, e, soprattutto, praticando più che dicendo.
Da Fondazioni febbraio 2020