Editoriale di Giorgio Righetti, direttore generale Acri
per Fondazioni – agosto 2019
Lo scetticismo che negli ultimi anni si è diffuso nei confronti dell’Europa ha certamente molteplici ragioni, che non è qui il caso di ricordare. Lo scetticismo si nutre di problemi reali e di false notizie (o meglio, propaganda). Lo snodo fondamentale di questo atteggiamento che si è andato diffondendo, ma che non ha, fortunatamente, “sfondato”, è la contrapposizione identitaria: la nazione versus l’Europa.
Su questo ha lavorato molto, appunto, la propaganda. In realtà, volendo analizzare bene la questione, non si può non rilevare come ognuno di noi possieda una molteplicità di identità, appartenga cioè ad un insieme di “comunità”. Si parte dalla comunità della famiglia, per approdare a quella del luogo di provenienza, del quartiere in cui si abita, della città in cui si vive, della comunità professionale di appartenenza, della scuola e dell’università che si è frequentate, della regione, della nazione in cui si è nati e di quella in cui si vive, che sempre meno coincidono, del continente e, forse la più importante di tutte, del pianeta, che non è altro che la comunità umana a cui noi tutti apparteniamo. Ebbene, tutte queste identità, ma potrei citarne un’infinità di altre, convivono in ciascuno di noi. E, a seconda delle circostanze, ci rendono orgogliosi, ci appassionano, ci fanno gioire o ci commuovono.
Fanno tutte parte di noi, sono, ciascuna, un pezzettino del nostro “io”, di ciò che siamo e di ciò in cui ci trasformiamo in questo meraviglioso processo di apprendimento continuo che è la vita. Proprio per questo motivo, contrapporre un pezzo di identità ad un altro pezzo, cioè, nella fattispecie, l’identità nazionale all’identità europea, non è solo sbagliato: è semplicemente assurdo. Sarebbe come contrapporre il colore dei capelli a quello degli occhi indicati nella nostra carta di identità. Sono entrambi elementi che ci connotano, che ci rendono la persona che siamo. Il mosaico della nostra identità si compone di tante tessere, ognuna determinante per formare l’immagine di ciò che siamo: se una tessera è sproporzionatamente grande, abnorme, invasiva, l’immagine che ne risulta è modesta, povera, priva di senso etico ed estetico.
Dovremmo, semmai, sforzarci di mettere in connessione i pezzi della nostra identità, farli dialogare tra loro, amalgamarli e consentire a ciascuno di essi di sprigionare la propria ricchezza. Per questo, in sintesi, e per farla breve, affermo con convinzione: sono italiano e sono europeo!
alla rivista Fondazioni: luglio – agosto 2019