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Il teatro rivoluziona il carcere | Armando Punzo

Intervista ad Armando Punzo, regista e attore
per Fondazioni giugno 2019

Da trent’anni, nella casa di reclusione di Volterra è attiva la Compagnia della Fortezza, uno dei primi progetti italiani di teatro in carcere, che si concentra esclusivamente sul contenuto artistico dell’attività svolta (“l’arte per l’arte”), con la consapevolezza che questo porti anche risultati sul piano sociale. Anima di quest’esperienza è il drammaturgo Armando Punzo.

Cos’è la Compagnia della Fortezza?

La Compagnia della Fortezza è una compagnia teatrale che fa tournée in giro per tutti i teatri d’Italia. Il fatto che lavori in un carcere e che i suoi membri siano persone detenute non è il centro della questione. Il centro è il teatro, il carcere di Volterra è solo il contenitore in cui si realizza.

Come è partita quest’esperienza?

Io vengo dalla scuola del “teatro povero” del drammaturgo polacco Jerzy Grotowski. Volevo mettere alla prova quello che avevo imparato, mettendo su una mia compagnia. Sono arrivato a Volterra e qui l’incontro con il carcere è stato determinante. Non è un caso che questa esperienza sia partita proprio in Toscana, il primo stato al mondo ad abolire la pena di morte!

Che impatto ha avuto il teatro sul carcere?

Il teatro ha rivoluzionato il Carcere di Volterra. Prima era un luogo chiuso, che ospitava agenti e detenuti. Il teatro si è inserito come un intruso e ha cambiato completamente il modo di vivere al suo interno e i rapporti tra le persone che lo abitano. Perché il teatro ha portato con sé tutte le esigenze del teatro. Il teatro è la massima libertà che entra nel luogo di chiusura per eccellenza e lo rivoluziona.

L’esperienza trentennale della Compagnia della Fortezza ha influenzato il modo di approcciare questo tema negli altri istituti di pena?

Quando siamo partiti trent’anni fa questa era un’idea visionaria. È cresciuta perché ho incontrato nel mio percorso persone che hanno creduto in quest’idea, in primis l’allora direttore Renzo Graziani. Ora non c’è un carcere in Italia che non abbia un laboratorio teatrale. L’importante è tener sempre presente qual è l’obiettivo: fare un’attività ludica e ricreativa o fare teatro sul serio? Inoltre, dallo scorso anno, grazie all’incontro con Acri e con un gruppo di Fondazioni, stiamo esportando il modello di Volterra in altre carceri italiane. Abbiamo dato vita al progetto Per Aspera ad Astra, con il quale facciamo formazione per compagnie teatrali in carcere. Siamo partiti in sei città, ma sono fiducioso che il progetto possa crescere nei prossimi anni.

Dalla rivista Fondazioni: maggio-giugno 2019