Chi è Ferdinando Scianna lo raccontano le sue fotografie: 200, per l’antologica proposta nella premiere al Complesso di San Dominico di Forlì, allestita fino al 6 gennaio 2019 e poi in mostra in altre città italiane ed estere, a partire da Palermo (Galleria d’Arte Moderna) e poi a Venezia (Casa dei tre Oci). Quella proposta dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì e da Civitas, a cura di Denis Curti, Paola Bergna e Alberto Bianda è una selezione molto variegata dei suoi lavori, che comunque sono tutti specchio che lascia intravedere la personalità di uno tra i più grandi maestri della fotografia non solo italiana.
Egli stesso scrive, infatti: «come fotografo mi considero un reporter. Come reporter il mio riferimento fondamentale è quello del mio maestro per eccellenza, Henri Cartier-Bresson, per il quale il fotografo deve ambire ad essere un testimone invisibile, che mai interviene per modificare il mondo e gli istanti che della realtà legge e interpreta. Ho sempre fatto una distinzione netta tra le immagini trovate e quelle costruite. Ho sempre considerato di appartenere al versante dei fotografi che le immagini le trovano, quelle che raccontano e ti raccontano, come in uno specchio. Persino le fotografie di moda le ho sempre trovate nell’azzardo degli incontri con il mondo».
Dunque, con queste 200 fotografie in bianco e nero, stampate in diversi formati, la rassegna attraversa l’intera carriera del fotografo nato a Bagheria, 4 luglio 1943, e si sviluppa lungo un articolato percorso narrativo, costruito su diversi capitoli e varie modalità di allestimento. Ferdinando Scianna ha iniziato ad appassionarsi al linguaggio fotografico negli anni Sessanta, raccontando per immagini la cultura e le tradizioni della sua regione d’origine, la Sicilia. Il suo lungo percorso artistico si snoda attraverso varie tematiche – l’attualità, la guerra, il viaggio, la religiosità popolare – tutte legate da un unico filo conduttore: la costante ricerca di una forma nel caos della vita. In oltre cinquant’anni di racconti non mancano certo le suggestioni: da Bagheria alle Ande boliviane, dalle feste religiose – esordio della sua carriera – all’esperienza nel mondo della moda, iniziata con Dolce & Gabbana e Marpessa. Poi i reportage (fa parte dell’agenzia foto giornalistica Magnum, il primo degli italiani a entrarvi), i paesaggi, le sue ossessioni tematiche come gli specchi, gli animali, le cose e infine i ritratti dei suoi grandi amici, maestri del mondo dell’arte e della cultura come Leonardo Sciascia, Henri Cartier-Bresson, Jorge Louis Borges, solo per citarne alcuni.
Avendo deciso di raccogliere in questa mostra la più ampia antologia dei suoi lavori fotografici, con la solita e spiccata autoironia, Ferdinando Scianna, in apertura del percorso espositivo, sceglie un testo di Giorgio Manganelli: «Una antologia è una legittima strage, una carneficina vista con favore dalle autorità civili e religiose. Una pulita operazione di sbranare i libri che vanno per il mondo sotto il nome dell’autore per ricavarne uno stufato, un timballo, uno spezzatino…».