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Italia post crisi: l’indagine Acri-Ipsos registra un lento ritorno alla normalità

Come ogni anno in occasione della giornata Mondiale del Risparmio, Acri propone un’indagine su Gli Italiani e il risparmio realizzata insieme a Ipsos per questa occasione. Riassumendone gli elementi essenziali, emerge che per gli italiani la crisi non è ancora finita, ma per la prima volta sembra allontanarsi. Il 2017, infatti, mostra un “lento ritorno alla normalità”. Paura e preoccupazioni, pur ancora presenti, stanno lasciando spazio a un atteggiamento più tranquillo e fiducioso nel futuro, anche se permangono forti differenze, soprattutto territoriali: mentre nel Nord Ovest si registrano i principali segni di ritornata fiducia, nel Sud questi segni sono molto poco presenti, quando non del tutto assenti. Complessivamente, il numero dei fiduciosi sul miglioramento della propria situazione personale è nettamente superiore a quello degli sfiduciati (12% gli sfiduciati, 22% i fiduciosi, saldo +10 a favore di questi ultimi), anche se il 64% degli intervistati non si attende cambiamenti della propria situazione economica. Il maggior recupero di fiducia si registra tra gli individui fra i 31 e i 44 anni, con un saldo positivo superiore alla media della popolazione (+19) e un aumento di 9 punti percentuali rispetto al 2016 (era +10).

La situazione economica delle famiglie mostra un trend positivo, dopo l’interruzione dello scorso anno: quelle colpite direttamente dalla crisi sono meno di una su cinque (19% contro il 28% del 2016). Questa situazione determina un netto miglioramento in termini di soddisfazione rispetto alla propria situazione economica, che torna ai massimi del periodo post-euro. Oggi i soddisfatti superano gli insoddisfatti (sono il 56% contro il 44% di insoddisfatti), con un incremento di 5 punti percentuali rispetto al 2016. Da un’attenta analisi emerge, però, un’Italia divisa: il miglioramento è concentrato nel Nord, soprattutto nel Nord-Ovest (oggi c’è il 69% di soddisfatti, 16 punti in più del 2016, mentre nel Nord-Est i soddisfatti sono il 64%, 6 punti in più del 2016). Il Centro e il sud invece arretrano lievemente (-3 punti percentuali), dove i soddisfatti sono il 52% al Centro e il 43% al Sud. Inoltre si allarga la forbice tra chi se la cava e chi rimane in seria difficoltà. Rimangono, infatti, costanti coloro che si trovano in una situazione di grande insoddisfazione: negli ultimi tre anni sono stabilmente al 15%.

Il 6% degli italiani dichiara che nel 2017 la propria situazione economica è migliorata, il 35% che ha mantenuto con facilità il proprio tenore di vita (nel 2016 erano il 32%), mentre sono il 42% (44% nel 2016) coloro che dichiarano di avere sperimentato qualche difficoltà nel mantenerlo. Prosegue, seppur lievemente, il calo della quota di famiglie che segnalano difficoltà serie a mantenere il proprio tenore di vita: sono il 17% (il 18% nel 2016 e nel 2015, il 23% nel 2014).

La percezione della crisi, per la prima volta, sembra attenuarsi, cosa che si riverbera su una maggiore propensione al consumo, anche a scapito del risparmio. E se l’uscita definitiva da essa (tuttora percepita come grave dall’83% degli italiani) appare ancora lontana, lo è meno dello scorso anno: ci si attende che duri ancora 4 anni e mezzo contro i 5 del 2016. Nel complesso, considerando l’andamento dei vari indicatori rilevati (personale, territorio, Italia, Ue e mondo) si assiste, dunque, a una ripresa di ottimismo (+2%rispetto al -6% dello scorso anno), trainata, oltre che dalla percezione legata al futuro personale, anche da una rinata fiducia nel futuro del proprio territorio (saldo +3), specie nel Nord, e da aspettative nettamente migliori circa l’economia europea (saldo +5 contro il -10 del 2016). si riduce, inoltre, la negatività circa il futuro dell’Italia (con un saldo tra fiduciosi e sfiduciati che va dal -12 del 2016 al -4 del 2017), mentre è la situazione internazionale a destare minore entusiasmo e una crescente preoccupazione (+1 di saldo positivo, era +3 nel 2016).

In uno dei momenti più difficili per l’Ue, gli italiani divengono meno negativi rispetto all’Unione. Pur criticando l’eccesso di regole (il giudizio è negativo per il 56%), ne valutano la positività più che nel recente passato. Quelli che hanno fiducia nell’Unione europea (il 51%) tornano a essere maggioritari, seppure di poco. Però, coloro che non hanno per niente fiducia (il 24%) sono molti di più di coloro che hanno grande fiducia (il 17%). D’altra parte, però, senza l’Unione europea l’Italia sarebbe più arretrata (62% vs il 30% che pensa il contrario, l’8% non si esprime) e meno importante sulla scena internazionale (60% vs il 31% che pensa il contrario, il 9% non si esprime), avrebbe un minore livello di sicurezza (54% vs il 37% che pensa il contrario, il 9% non si esprime) e meno giustizia sociale (51% vs il 34% che pensa il contrario, il 15% non si esprime); per i più sarebbe anche più povera (48%), ma sono molti coloro che la pensano diversamente: il 41% ritiene che sarebbe più ricca, l’11% non si esprime. Inoltre cresce (dal 25% al 26% nell’ultimo anno) l’importanza percepita dell’Europa nei prossimi 20 anni; e il numero di coloro che ritengono l’euro uno svantaggio fra 20 anni diminuisce significativamente: sono il 33% (erano il 36% nel 2015, il 42% nel 2016) anche se oggi circa 2 italiani su 3 ne sono insoddisfatti.

Il numero di italiani propensi al risparmio rimane estremamente elevato: sono l’86% (nel 2016 erano l’88%), di questi sono il 37% quelli che non vivono tranquilli senza mettere da parte qualcosa, il 49% coloro che ritengono sia bene fare dei risparmi senza troppe rinunce. torna ai livelli pre crisi la quota di coloro che preferiscono godersi la vita senza pensare a risparmiare: sono il 12% (+1 punto percentuale sul 2016). dopo quattro anni consecutivi di crescita, diminuisce di 3 punti percentuali la quota di italiani che affermano di aver risparmiato negli ultimi dodici mesi: passano dal 40% del 2016 al 37% attuale e aumentano coloro che consumano tutto il reddito (41%, erano il 34% nel 2016). Al contempo diminuiscono le famiglie in saldo negativo di risparmio: dal 25% del 2016 al 21% attuale, perché decresce il numero di coloro che intaccano il risparmio accumulato (dal 19% dello scorso anno al 16% attuale) e diminuisce lievemente anche chi ricorre a prestiti (sono il 5% contro il 6% del 2016).

Per il 65% degli italiani il risparmio significa attenzione alle spese superflue e agli sprechi: è un atteggiamento di vita, un’attenzione che parte dalle piccole cose e arriva alle più grandi, piuttosto che una costante rinuncia. si risparmia per il futuro, per tutelarsi personalmente (37%) o – per chi ha figli – per poter pensare al loro futuro (25%). La preoccupazione per il futuro è confermata dal fatto che il 71% dei lavoratori è preoccupato per il proprio domani dopo la pensione. Tra gli altri motivi per cui si risparmia, il 14% – specie i più giovani – lo fa perché ha in mente un progetto personale, l’8% per un atteggiamento etico, il 7% perché si sente portato come indole, il 4% perché ha in mente un progetto imprenditoriale e vuole avere una propria attività, mentre il 3% perché vi è costretto per ridurre i debiti accumulati. Detto questo, la sensazione degli italiani è che si faccia un po’ meno di ciò che si dovrebbe: si pensa che le generazioni passate abbiano risparmiato assai più di quella presente (84%). Solo l’8% ritiene che l’attenzione al risparmio sia più forte ora e l’8% pensa che sarà più forte nelle generazioni future. l’80% degli italiani ritiene che il risparmio sia utile per lo sviluppo sociale e civile del paese: il 28% pensa sia fondamentale (in aumento di 6 punti percentuali rispetto al 2016), il 52% lo ritiene importante. Il dato complessivo è in crescita di 3 punti percentuali rispetto al 2016. Inoltre, c’è una quota non trascurabile di individui (il 38%) che sarebbe disposta a usare almeno una parte dei propri risparmi per investire in iniziative sociali, umanitarie, culturali, ambientali, scientifiche o per sviluppare piccole attività economiche (il 23% sarebbe attratto ma non si fiderebbe, il 35% non sarebbe per niente attratto, il 4% non sa cosa pensare). In particolare si vorrebbe sostenere la ricerca scientifica (39%), iniziative sociali e umanitarie (35%), lo sviluppo di imprese del territorio (24%), il recupero ambientale del territorio (20%).

Gli italiani sono abbastanza soddisfatti di come gestiscono i propri risparmi (54%), ma pochi si ritengono in grado di individuare l’investimento adatto alle proprie esigenze (il 36%). Questo è dovuto alla ridotta cultura finanziaria e alla bassa fiducia in leggi e regolamenti che tutelano il risparmio: il 66% ritiene che gli strumenti di tutela siano inefficaci, dato preoccupante, anche se in miglioramento rispetto al 74% del 2016. Molti italiani hanno comunque compreso che devono informarsi sempre di più per essere attori delle proprie decisioni finanziarie. la preferenza per la liquidità è sempre elevata e riguarda più di 2 italiani su 3; chi investe lo fa solo con una parte minoritaria dei propri risparmi. sembra che l’investimento ideale non esista più. Gli italiani si dividono in 3 gruppi quasi omogenei: il 33% ritiene che proprio non ci sia (maggioranza relativa, +1 punto rispetto al 2016 e +6 punti percentuali rispetto al 2015), il 31% lo indica negli immobili (+1 punto sul 2016), il 29% indica gli investimenti finanziari reputati più sicuri. Ultimi, con il 7%, sono coloro che indicano come ideali gli strumenti finanziari più rischiosi (-1 punto percentuale sul 2016). Il risparmiatore italiano rimane attento alla (bassa) rischiosità del tipo di investimento, ma in misura minore rispetto agli anni scorsi (dal 44% del 2016 al 39% oggi); cresce invece la rilevanza della solidità del proponente (dal 24% al 30%). Stabile è l’attenzione ad attività che aiutino lo sviluppo dell’Italia (17% vs 18% nel 2016).

Riguardo ai consumi, per il terzo anno di fila, si nota un miglioramento del clima. L’italiano si conferma attento e volto a ponderare bene le proprie scelte, ma molto più aperto che in passato.

 

“Fondazioni” novembre-dicembre 2017