Per raccontare al meglio la bella mostra promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo “Secessione. Monaco Vienna Praga Roma. L’onda della modernità”, in programma a Rovigo a Palazzo Roverella fino al 21 gennaio 2018, le parole più adatte sono quelle del suo curatore Francesco Parisi. Egli è riuscito a proporre per la prima volta in un’unica esposizione il panorama complessivo delle vicende storico-artistiche dei quattro principali centri in cui si svilupparono le Secessioni, evidenziando differenze, affinità e tangenze dei diversi linguaggi espressivi nel primo vero scambio culturale europeo, basti pensare a Gustav Klimt e a Egon Schiele che esposero alle mostre della Secessione Romana o a Segantini che partecipò alle annuali mostre viennesi. Nella rassegna vengono messi in evidenza gli esiti modernisti della secessione monacense, il trionfo del decorativismo della secessione viennese, il visionario espressionismo del gruppo Sursum praghese, fino al crocevia romano e alla sua continua ricerca di una via altra e diversa. «Ad ogni epoca la sua arte, ad ogni arte la sua libertà. Sono queste le parole che accoglievano il visitatore all’ingresso del Palazzo della Secessione viennese ideato, come un tempio, dall’architetto Joseph Maria Olbrich e destinato alle esposizioni d’arte – così Parisi –.
Il motto, coniato dal giornalista Ludwig Hevesi, fu trasposto graficamente da Gustav Klimt in un celebre manifesto che vedeva Teseo, l’eroe-artista, lottare contro il Minotauro, emblema di una cultura al potere, dominata dall’implacabile avversione nei confronti dell’arte moderna. Anche Klimt, che più tardi riscosse numerosi e ufficiali successi, fu escluso da una delle più importanti mostre annuali viennesi assieme ad altri giovani colleghi costretti a restare nell’oscurità. Incompresi e maltrattati dall’arte ufficiale timorosa d’innovazione, i giovani artisti europei si costituirono in movimenti staccandosi dalle aggregazioni capitanate dagli artisti della precedente generazione, dando vita a vere e proprie Secessioni che, con rapidità moderna, si diffusero nei grandi centri di area mitteleuropea: Monaco, Berlino, Lipsia, Darmstadt, Vienna. Le Secessioni apportarono all’arte moderna un nuovo, e più dinamico, dibattito che si allargò presto anche in altre città come Praga (Secese), Budapest (Magyar Szecesszió), Sofia, Varsavia (Secesja), Belgrado e Zagabria (Secesija) propagando un gusto più irrigidito delle fluenze dell’Art Nouveau francese e del Liberty anglosassone, ma che includeva stilemi delle varie tradizioni nazionali. Le ideologie secessioniste vennero elaborate in forme moderne non soltanto da pittori e scultori, ma anche da letterati fedeli alla loro missione: Hugo von Hofmannstahl e Reiner Maria Rilke incarnarono perfettamente la figura del profeta. Nel mosaico di fisionomie tradizionali di cui si componeva l’Europa venivano emergendo i tratti distintivi e le fisionomie artistiche delle maggiori capitali. A Vienna la bellezza per eccellenza erano la femminilità, come nella “Nuda Veritas” di Klimt avvolta da ori trionfanti, da lapislazzuli, la geometria volta all’idea decorativa, i panneggiamenti erano fregi gemmati e il folle lusso di “Ver Sacrum”, sacro come le primavere colonizzatrici latine, trovava la sua corrispondenza nelle cupole dorate del Tempio dell’Arte di Olbricht. A Monaco, come Friedrich Schiller affascinato dal mito mediterraneo e dal sole di Omero (“Und die Sonne Homers, siehe” terminava una sua elegia), Franz von Stuck popolava le brume nordiche di fauni, demoni meridiani e ninfe dagli sguardi e dalle carni accese dal desiderio, poi trasposti nella rivista, “Jugend” che diede il nome all’accezione tedesca di Liberty. Le vie acciottolate e buie della “Praga magica” e di “Tutte le bellezze del mondo” così ben descritta da Angelo Maria Ripellino e da Jaroslav Seifert, venivano invece percorse dai Golem di Gustav Meyrink, dagli incubi oscuri e filiformi e dai sabba stregonici che popolavano le visioni di Josef Váchal e dagli altri membri del gruppo Sursum affascinati dalla centenaria tradizione occulta della capitale boema. Nel crocevia romano invece la Secessione si formò a ridosso della prima guerra mondiale, in un periodo percorso da fremiti nazionalisti e in piena trasformazione di gusto. Il rifiuto dell’avanguardia più rivoluzionaria, il Futurismo, e il mutamento di direzione verso l’equilibrio e la forma manifestavano la continua ricerca degli artisti italiani di una via altra e diversa in cui coesistevano ardite sperimentazioni e le ultime propaggini di uno stile ormai avviato a rinchiudersi in se stesso.
Le Secessioni costituirono dunque una premessa necessaria, il terreno di coltura di nuovi fermenti, sia della linea figurativa, seppure con gli intricati e deformati percorsi del segno, sia per gli sviluppi in senso non figurativo, si pensi a Wassily Kandinsky nella Monaco di von Stuck. I giovani che aderirono alle Secessioni, o che esposero alle annuali mostre, chiedevano, infatti, più attenzione alle espressioni innovative testimoniando perentoriamente l’inutilità delle scuole e dell’insegnamento dell’arte: “artisti si nasce non si diventa”». In foto: Josef Váchal, “The Good Fortune of Chance”, 1908.
“Fondazioni” novembre-dicembre 2017