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Il Novecento della collezione Giovanardi

Non poco dell’arte del Novecento è stato custodito e valorizzato da imprenditori e importanti personalità della società italiana la cui passione per l’arte e la cultura fu accompagnata da senso di responsabilità verso le proprie comunità, espresso attraverso importanti lasciti e comodati a musei pubblici della parte più rappresentativa delle loro raccolte. Fra queste quella di Augusto e Francesca Giovanardi, che prese forma nella Milano dell’immediato Secondo Dopoguerra e che oggi è esposta nella mostra “Costruire il Novecento. Capolavori della Collezione Giovanardi”, allestita a Bologna a Palazzo Fava – Palazzo delle Esposizioni fino al 25 giugno e promossa da Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna insieme a Genus Bononiae Musei nella Città.

Curata da Silvia Evangelisti, la mostra raccoglie novanta dipinti realizzati dai migliori pittori italiani attivi tra le due guerre mondiali e si articola in tre sezioni, ciascuna dedicata a un tema che approfondisce le opere di due o più artisti nel cui linguaggio artistico si possono trovare assonanze o dissonanze. La prima è dedicata ai dipinti di Morandi e Licini e al loro rapporto controverso. Genio già venerato in vita il primo, meno famoso ma pittore amatissimo il secondo, furono amici nella giovinezza e “nemici” nella maturità, avendo instaurato un rapporto di contiguità sfociato poi in scelte stilistiche agli antipodi. Insieme furono protagonisti della famosa esposizione “futurista” di un sol giorno, tenutasi all’Hotel Baglioni tra il 21 e il 22 marzo 1914; ma poi le loro strade divennero divergenti: mentre la pittura morandiana mantiene una fondamentale unità e misura, quella di Licini è sempre più libera dai rapporti naturalistici, fino ad aprirsi all’astrattismo durante gli anni Trenta. La seconda sezione racchiude rilevanti gruppi di dipinti di Carlo Carrà (in foto “Nuotatori”), Filippo De Pisis, Massimo Campigli e Mario Sironi (una decina per ciascuno) che raccontano il rapporto tra pittura e architettura, e le reciproche influenze, nel periodo tra le due guerre. È la Pittura costruttiva. Nel clima di “ritorno al mestiere” tipico di quel periodo, il richiamo alla materia pittorica dell’affresco è elemento comune a molti artisti. Nei grandi cantieri favoriti dal regime fascista si aprono nuove opportunità per la pittura murale e il mosaico.

Dalla “Prima Triennale” di Milano nel 1931 alle grandi decorazioni dei nuovi Palazzi di Giustizia, dalle stazioni alle università, agli uffici pubblici, per tutti gli anni Trenta, si susseguono commissioni di estrema rilevanza a cui partecipano diversi artisti, primo fra tutti Sironi. E a una concezione pittorica spaziale architettonica approda via via anche Carlo Carrà quando, chiusa l’avventura futurista, muta radicalmente il proprio linguaggio dalla scomposizione avanguardista della forma ai nuovi valori solidi delle opere degli anni Venti, che si accentua negli anni Trenta e Quaranta, quando la concezione spaziale della composizione diviene centrale e la sintesi formale prende il sopravvento sul puro dato emotivo. Infine la terza sezione presenta alcuni protagonisti del processo di dissoluzione della forma nella pittura degli anni Trenta: Mario Mafai, Ottone Rosai, Arturo Tosi, Pio Semeghini, tra gli altri. È il preludio all’apertura, all’inizio degli anni Cinquanta, della grande stagione informale.

Alle tre sezioni della mostra si aggiunge, distaccata e distinta dalle altre, una piccola area in cui sono raccolte alcune opere plastiche del Novecento presenti nelle raccolte di Genus Bononiae, con quelle di Arturo Martini, Giacomo Manzù, Fausto Melotti e Lucio Fontana. La Collezione dell’illustre scienziato Giovanardi è stata esposta integralmente solo altre due volte. Dunque la mostra di Palazzo Fava rappresenta un’occasione importante per i cultori del Novecento italiano, probabilmente irripetibile per lungo tempo.


“Fondazioni” maggio-giugno 2017