Le Fondazioni di origine bancaria rappresentano un importante motore per lo sviluppo non solo sociale e culturale dei territori nei quali operano, ma anche per quello economico. È questa la conclusione che emerge dal lavoro condotto da Giorgio Calcagnini, Germana Giombini e Francesco Perugini, studiosi del Dipartimento di Economia, Società, Politica dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo analizzando i dati relativi al decennio 2001-2011. Esso mostra come un incremento del 10% delle erogazioni delle Fondazioni determini mediamente, sui loro territori, un incremento del capitale sociale del 2,1% e un aumento della crescita annua del Valore Aggiunto procapite di circa 0,5 punti percentuali. La ricerca è, infatti, riuscita a quantificare gli effetti sulla creazione di reddito. «Effetti – dicono i tre studiosi – che spesso non vengono presi nella dovuta considerazione dai policy maker locali e nazionali, probabilmente perché non è semplice misurarli».
Le Fondazioni provvedono al finanziamento di una pluralità di progetti che riguardano le associazioni di volontariato, le cooperative sociali, gli istituti di ricerca, le università, gli ospedali, gli enti locali, ecc. Destinano risorse per l’assistenza delle fasce più svantaggiate della popolazione, per la tutela del patrimonio artistico e culturale del Paese, per lo sviluppo delle infrastrutture locali. Producono, così, reddito e occupazione. Ma proprio per la molteplicità e la varietà degli interventi, la misurazione degli effetti è difficile. Tutti gli interventi, peraltro, possono essere ricondotti alla capacità di generare una maggiore solidarietà e coesione sociale, un livello di benessere più elevato e un innalzamento di quello che nella letteratura socio-economica viene comunemente definito capitale sociale, che a sua volta incide positivamente sulla creazione di reddito. Il concetto di capitale sociale è stato ampiamente utilizzato nella letteratura economica come elemento in grado di spiegare una pluralità di aspetti quali la qualità della vita, l’inclusione sociale e la distribuzione dei redditi tra i paesi e le comunità locali. Si è anche visto come il capitale sociale eserciti un effetto positivo sulla crescita e sullo sviluppo economico dei territori. Ad esempio, alcune ricerche svolte agli inizi degli anni Novanta hanno evidenziato come il persistente divario economico tra il Nord e il Sud d’Italia fosse strettamente collegato alla distribuzione geografica della dotazione di capitale sociale, più alto al Nord e più basso al Sud.
Per tener conto di queste relazioni e degli effetti che le erogazioni delle Fondazioni possono avere sul capitale sociale e sul benessere, gli studiosi dell’Università di Urbino hanno costruito un indicatore di capitale sociale per le province italiane, utilizzando circa una trentina di indicatori in grado di cogliere i suoi vari aspetti, quali la fiducia, l’associazionismo o il senso civico. Così, ad esempio, sono stati presi in considerazione il numero di ingressi ai musei, agli spettacoli culturali e sportivi, agli eventi teatrali o musicali, alle biblioteche, in quanto luoghi dove si creano legami di socialità e di fiducia reciproca; ma anche il numero di associazioni di volontariato o di cooperative sociali presenti e il numero di addetti nelle società sportive, cioè variabili in grado di misurare le relazioni amicali e i comportamenti pro-sociali. Si è, inoltre, misurato il grado di partecipazione politica o l’efficienza del sistema giudiziario, intesa come durata media dei processi, e la presenza della criminalità nei territori, valutata in base al tasso di omicidi. In tal modo si è cercato di cogliere, da una parte, il senso civico, dall’altra, il grado di efficienza delle istituzioni pubbliche e il senso di fiducia in esse o nei confronti del prossimo. Infine, si è tenuto conto delle caratteristiche del territorio e delle sue istituzioni e comunità in merito alla loro capacità di contribuire a creare relazioni sociali tra gli individui. A tal fine sono stati impiegati diversi indicatori quali, ad esempio, il grado di imprenditorialità, il tasso di occupazione o, addirittura, la densità di piste ciclabili. Il risultato che se ne è ricavato è che le province del Nord e del Centro Italia hanno una dotazione di capitale sociale più elevato rispetto alle province del Sud e che le Fondazioni sono in grado di favorire la crescita del capitale sociale e, di conseguenza, lo sviluppo economico dei territori che beneficiano delle loro erogazioni, grazie a un impatto positivo sul reddito.
Prendendo spunto dalla letteratura economica esistente, secondo la quale esisterebbe un naturale processo di convergenza tra regioni o paesi nei livelli di reddito, più o meno condizionato dall’esistenza di parametri strutturali simili quali il tasso di risparmio, di deprezzamento del capitale, di crescita della popolazione e della tecnologia, ma anche da altre caratteristiche strutturali che hanno a che fare, ad esempio, con la qualità delle istituzioni, con il livello del capitale umano, con il grado di apertura al commercio estero, con la struttura del tessuto industriale, ed altro ancora, lo studio Fondazioni come anche le erogazioni delle Fondazioni abbiano un ruolo nel processo di crescita delle economie locali. Secondo il modello di crescita elaborato dagli studiosi di Urbino un aumento delle erogazioni del 10% produrrebbe mediamente, come sopra accennato, un aumento della crescita annua del Valore Aggiunto pro-capite di circa 0,5 punti percentuali. Nonostante quindi le erogazioni delle Fondazioni siano piccola cosa quantitativamente rispetto alla spesa sostenuta dalla pubblica amministrazione in settori analoghi a quelli in cui esse operano, la ricerca dimostra che, in un momento di così grave crisi economica e sociale, il loro ruolo è di vitale importanza per la crescita e lo sviluppo delle economie locali.