Fondazione Cariplo ha finanziato, insieme ad Airc (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) un importante studio sul MiROvaR, ovvero quella che è considerata la firma molecolare del carcinoma ovarico, il più letale dei tumori di tipo ginecologico. MiROvaR consente di evidenziare il rischio di ricaduta delle pazienti sin dal momento della diagnosi, grazie all’analisi di 35 microRNA, la cui funzione è quella di regolare l’espressione di molti geni e quindi il comportamento delle cellule. «Il carcinoma ovarico è un tumore poco frequente, ma ad elevata mortalità. È di difficile diagnosi e caratterizzato da un’elevata eterogeneità sia patologica sia molecolare e tende a ripresentarsi dopo la chemioterapia, sviluppando resistenza ai trattamenti farmacologici – spiega Delia Mezzanzanica, responsabile della Struttura di Terapie Molecolari all’Istituto Tumori di Milano, che ha coordinato il progetto –. Negli ultimi anni si stanno studiando le sue caratteristiche molecolari per capire al momento della diagnosi quali siano i tumori più aggressivi, cioè quelli che diventano resistenti alla chemioterapia e recidivano più rapidamente, al fine di migliorare il loro trattamento ». MiROvaR è stato definito partendo dall’analisi di campioni di carcinoma ovarico raccolti grazie all’impegno del gruppo MITO (gruppo multicentrico italiano per il disegno di trial clinici di tumori ginecologici) il cui presidente, Sandro Pignata, sottolinea la necessità di individuare per questa patologia predittori di prognosi clinicamente utili. «La sua efficacia nel prevedere il rischio di ricaduta di malattia – approfondisce Mezzanzanica – è stata poi verificata complessivamente in quasi 900 casi di carcinoma ovarico, mettendo a disposizione della comunità scientifica internazionale la più ampia collezione di dati sull’espressione di microRNA al momento disponibile per questa patologia». A valle di ulteriori verifiche sulla sua precisione predittiva, il MiROvaR potrebbe essere usato nella pratica clinica per individuare le pazienti ad alto rischio di ricaduta e quindi inserirle nei protocolli di trattamento più adatti. La ricerca – condotta dai ricercatori dell’Istituto dei Tumori di Milano in collaborazione con altri centri italiani di eccellenza per questa patologia – è stata pubblicata su “The Lancet Oncology”, a testimonianza dell’alta qualità e dell’impatto della ricerca italiana a livello internazionale.