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Forlì narra il mito di Piero

Piero di Benedetto de’ Franceschi, noto come Piero della Francesca (Borgo Sansepolcro, 1416 circa – 1492), è una delle personalità più emblematiche del Rinascimento italiano, esponente della seconda generazione di pittori-umanisti e matematico maestro della prospettiva.

Una straordinaria mostra allestita ai Musei San Domenico di Forlì, fino al 26 giugno, ne indaga il mito: dalla fortuna in vita all’oblio, fino alla riscoperta. Alcuni dipinti di Piero costituiscono il cuore dell’esposizione: impresa difficile, perché egli fu artista tanto sommo quanto “raro”; accanto ad essi, cosa forse ancor più complessa, sono esposte opere dei più grandi artisti del Rinascimento, che consentono di definirne la formazione, ed altre che evidenziano il ruolo avuto da Piero su molta parte della pittura successiva.

Per illustrare la cultura pittorica fiorentina negli anni trenta e quaranta del Quattrocento, che vedono il pittore di Sansepolcro muovere i primi passi in campo artistico, sono presenti in mostra opere di Domenico Veneziano, Beato Angelico, Paolo Uccello e Andrea del Castagno, esponenti di punta della pittura dopo Masaccio. L’accuratezza prospettica di Paolo Uccello e l’enfasi plastica delle figure di Andrea del Castagno, la naturalezza della luce di Domenico Veneziano, l’incanto cromatico perseguito da Masolino e dall’Angelico costituiscono una solida base di partenza per il giovane Piero. Ma la mostra dà conto anche dei riflessi che ebbe la pittura fiamminga, da cogliere negli affreschi del portoghese Giovanni di Consalvo, nei quali l’esattezza della costruzione prospettica convive con un’inedita attenzione per le luci e le ombre.

Gli spostamenti di Piero tra Modena, Bologna, Rimini, Ferrara e Ancona determinarono l’affermarsi di una cultura pierfrancescana nelle opere di artisti emiliani come Marco Zoppo, Francesco del Cossa, Cristoforo da Lendinara, Bartolomeo Bonascia. Importanti sono i suoi influssi nelle Marche su Giovanni Angelo d’Antonio da Camerino e Nicola di Maestro Antonio; in Toscana, su Bartolomeo della Gatta e Luca Signorelli; a Roma, su Melozzo da Forlì e Antoniazzo Romano. Ma l’importanza del ruolo di Piero della Francesca fu colta anche a Venezia, dove artisti come Giovanni Bellini e Antonello da Messina mostrano di essere venuti a conoscenza del suo mondo espressivo.

La mostra, aperta dal confronto, sempre citato ma finora mai mostrato, tra la Madonna della Misericordia di Piero della Francesca e la Silvana Cenni di Felice Casorati, racconta la nascita moderna del suo “mito” anche attraverso gli scritti dei suoi principali interpreti: da Bernard Berenson a Roberto Longhi. La riscoperta ottocentesca di Piero della Francesca è affidata a importanti testimonianze: dai disegni di Johann Anton Ramboux alle straordinarie copie a grandezza naturale del ciclo di Arezzo eseguite da Charles Loyeux, fino alla fondamentale riscoperta inglese del primo Novecento, legata in particolare a Roger Fry, Duncan Grant e al Gruppo di Bloomsbury, di cui fece parte anche la scrittrice Virginia Woolf.

Il fascino degli affreschi di Arezzo sembra avvertirsi poi nella nuova solidità geometrica e nel ritmo spaziale di Edgar Degas. Un simile percorso di assimilazione lo si ritrova in pittori sperimentali e d’avanguardia come i Macchiaioli. Ed echi pierfrancescani risuonano in Seurat e Signac, nei percorsi del postimpressionismo, tra gli ultimi bagliori puristi di Puvis de Chavannes, le sperimentazioni metafisiche di Odilon Redon e, soprattutto, le vedute geometriche di Cézanne. Il Novecento è per più aspetti il “secolo di Piero”: per il costante incremento portato allo studio della sua opera, affascinante quanto misteriosa; e per la centralità che gli viene riconosciuta nel panorama del Rinascimento italiano. Contemporaneamente egli è tenuto a modello da pittori che ne apprezzano di volta in volta l’astratto rigore formale e la norma geometrica, o l’incanto di una pittura rarefatta e sospesa, pronta a caricarsi di inquietanti significati.

La fortuna novecentesca dell’artista è raccontata confrontando, tra gli altri, gli italiani Guidi, Carrà, Donghi, De Chirico, Casorati, Morandi, Funi, Campigli, Ferrazzi, Sironi con fondamentali artisti stranieri come Balthus e Hopper, che hanno consegnato l’eredità di Piero alla piena e universale modernità. La mostra, dal titolo “Piero della Francesca. Indagine su un mito” è stata realizzata con il contributo della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì e del Comune, sotto la direzione generale di Gianfranco Brunelli e un comitato scientifico, presieduto da Antonio Paolucci. In foto: Piero della Francesca, “Polittico della Misericordia”, particolare, 1444-1464.

 

da “Fondazioni” marzo-aprile 2016