In occasione della premiazione delle 50 imprese culturali giovanili non profit che hanno vinto la quarta edizione del bando Funder35, il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini ha concesso un’ampia intervista al nostro giornale.
Quando si parla del patrimonio culturale del nostro Paese al tema della sua valorizzazione spesso si affianca quello del suo alto rischio di dissesto, una realtà purtroppo conclamata in numerosi casi. Signor Ministro, l’Italia sembra aver finalmente scelto l’indirizzo della valorizzazione dei propri beni artistici. Ma con quali risorse?
Questo Governo ha invertito la drastica discesa del bilancio del Ministero dei Beni culturali, riportando a oltre due miliardi di euro le risorse statali per la cultura. Un aumento del 27% rispetto al 2015 che ha reso la cultura il cuore e l’anima della Legge di Stabilità 2016. Sono stati stanziati nuovi fondi per la tutela e i grandi progetti culturali: 180 milioni di euro nel 2016, 200 milioni di euro nel 2017, 195 milioni di euro nel 2018 e 2019, 165 milioni di euro dal 2020. Si torna a investire e assumere con un concorso per l’assunzione a tempo indeterminato di 500 professionisti del patrimonio culturale. Una scelta che conferma quanto il Governo Renzi abbia definitivamente invertito la tendenza e torni, dopo tanti anni, a credere nella cultura come leva dello sviluppo del Paese investendo su musei, biblioteche, archivi, cinema, spettacolo e valorizzando il ruolo di ogni singolo cittadino nella tutela del patrimonio culturale.
Il patrimonio culturale italiano, però, è molto vasto, come coniugare la necessaria salvaguardia con una valorizzazione che può implicare anche politiche urbane adeguate?
Tutela e valorizzazione non sono due concetti contrapposti, anzi: l’uno vive dell’altro. Finora l’accento è stato posto sulla salvaguardia del patrimonio culturale, un compito al quale i tecnici del Ministero hanno adempiuto con passione, professionalità e competenza. Ora è giunto il momento di dare alla valorizzazione il giusto peso che merita. La riforma del Ministero sta andando proprio in questa direzione con la creazione dei musei autonomi, affidati alla guida di esperti selezionati attraverso un bando internazionale, e dei poli museali regionali.
Quale può essere secondo Lei il ruolo più adatto per i privati? Ritiene ci sia una qualche differenza tra quello che possono giocare i grandi mecenati del mondo profit rispetto a ciò che possono fare i soggetti filantropici non profit come le Fondazioni di origine bancaria?
L’articolo 9 della Costituzione affida alla Repubblica la tutela del patrimonio culturale: non allo Stato, bensì a tutti i corpi sociali e istituzionali che compongono la nazione. In questo senso i privati e i cittadini possono e devono a pieno titolo partecipare alla salvaguardia dei beni storici, artistici, archeologici e monumentali non solo attraverso la fiscalità ordinaria, ma anche tramite strumenti come l’Art bonus.
I media in genere danno visibilità solo ai grandi progetti culturali di marchi molto affermati, ma la bellezza del nostro Paese è fatta di tante piccole e grandi opere. Ritiene che per i “piccoli mecenati” l’Art bonus sia un incentivo sufficiente o non ritiene piuttosto che lo Stato potrebbe promuovere un qualche riconoscimento dedicato a costoro, utile a favorire la diffusione di uno spirito emulativo?
L’Art bonus non è pensato come mezzo di visibilità mediatica, non si tratta di una sponsorizzazione ma di una significativa agevolazione fiscale che riconosce il 65% di credito d’imposta su quanto versato in favore del recupero di un bene culturale pubblico. È il premio nei confronti di un atto di liberalità totalmente disinteressato. Credo che questo sia un incentivo più che sufficiente, come dimostrano i dati sull’utilizzo dell’Art bonus divulgati di recente: oltre 62 milioni di euro e oltre 2.000 mecenati.
Le Fondazioni di origine bancaria in Italia sono fra i soggetti più attenti alla tutela e valorizzazione dell’arte e della cultura, che cosa apprezza maggiormente del loro operato in questo campo?
L’enorme sforzo che stanno facendo per rendere sempre più visibile il loro patrimonio, in alcuni casi con la creazione di veri e propri musei.
Fra le iniziative di valorizzazione del nostro patrimonio artistico, ambientale e paesaggistico da un decennio alcune Fondazioni stanno sperimentando la creazione di distretti culturali, in cui anche i “saperi artigianali” dei territori trovano una buona occasione di essere recuperati. È mai entrato in contatto con qualcuna di queste esperienze, nelle quali è particolarmente importante il rapporto che si crea tra Fondazioni, pubblica amministrazione locale e reti associative del territorio? Quali ulteriori spazi di collaborazione ritiene possano esserci con la pubblica amministrazione, locale e nazionale?
I venti musei autonomi nazionali istituti l’anno scorso possono essere dei punti focali nodali per i distretti culturali di riferimento o aggregarne di nuovi attorno a sé. I direttori selezionati tramite un bando internazionale portano esperienze gestionali innovative e sono molto aperti a collaborazioni con il privato.
In una recente intervista ha affermato che in Italia ci sono artisti e designer apprezzati più all’estero che da noi; che cosa ritiene si possa fare per supportare i nostri talenti emergenti?
Dare l’opportunità di farsi conoscere. La Triennale di Milano riprenderà quest’anno dopo un ventennio di assenza, la Quadriennale di Roma è stata rilanciata dopo i problemi che ne impedirono la realizzazione nel 2012 e a ottobre si terrà la sedicesima edizione. La sempre più stretta collaborazione con la Biennale di Venezia ha consolidato poi la presenza del Padiglione Italia alla Esposizione Internazionale d’Arte, un proscenio mondiale di indiscusso valore.
Il mondo dell’arte e della cultura non si regge, però, solo sulle punte di diamante. Bisogna che la cultura e la sensibilità all’arte vengano coltivate e diffuse fra le nuove generazioni. Ritiene che un’iniziativa come Funder35 possa dare un contributo al riguardo?
Senza dubbio, così come la “Carta della cultura” voluta dal Governo per favorire i diciottenni nel consumo di libri, musica e teatro. Inoltre grazie al decreto “Buona Scuola” stiamo lanciando diverse iniziative con il Ministero dell’Istruzione, dal ripristino dello studio della storia dell’arte a concorsi per premiare il miglior cortometraggio e testo teatrale prodotto dagli studenti. Guardiamo con favore a tutte quelle esperienze che permettono una maggiore educazione culturale dei giovani.