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Patuelli: nuova Europa o neonazionalismo

Chi ha avuto l’onore e il piacere di lavorare con lui, ben sa quanta fede ed entusiasmo l’uomo provi per la storia e il diritto. Così non sorprende che Antonio Patuelli, presidente dell’Abi e della Cassa di Risparmio di Ravenna, nel suo ultimo lavoro – un volume di 119 pagine dal titolo “Nuova Europa o neonazionalismo”, edito da Rubettino, i cui introiti saranno devoluti alla Confraternita della Misericordia di Bologna – punti la sua attenzione di osservatore acuto e costruttivo sull’esigenza di creare una cornice di norme costituzionali davvero condivise affinché quell’Unione Europea nata sulla scorta degli ideali di pace del secolo passato possa evolvere in una realtà organica, in grado di superare i nazionalismi tuttora latenti nei singoli Paesi.

«L’Europa è stata ed è un sogno di libertà – scrive l’autore nella prefazione – … Si è trasformata in un disegno confuso, incompiuto e assai spesso percepito come luogo di burocrati, lontana dai diritti e dai bisogni dei cittadini».

Perché ciò è avvenuto – si chiede – ed è ancora possibile recuperare gli alti ideali originari?

«La crisi del primo e del secondo decennio del nuovo millennio – sostiene Patuelli – ha fatto emergere con forza e in modo netto i nodi irrisolti del progetto europeo… Hanno dominato, infatti, i tecnicismi, certamente efficaci e molto pragmatici, ma non inquadrati in un nuovo impulso di crescita e di progresso per tutta l’Europa unita e libera. È, quindi, riaffiorata dal profondo delle coscienze la paura del predominio germanico sull’Europa, questa volta realizzato non dalla disciplina imperiale prussiana, né tantomeno da rigurgiti di nazismo, ma dalla supremazia di fatto in un’Europa che ha in parte disperso la bussola dei grandi ideali di crescita comune. In questo imprevisto labirinto l’Europa ha visto calare profondamente la fiducia in se stessa. Pertanto riemergono nazionalismi miopi in un inevitabile contesto di globalizzazione e di colossi in essa protagonisti.

Come uscirne?

Non esistono scorciatoie. Occorre rimettere in ordine le idee, ricordandoci da dove veniamo e com’è stato complesso e tortuoso il cammino finora realizzato. Occorre anche capire dove siamo, andare a fondo delle cause dell’attuale fase di crisi economica e istituzionale dell’Europa, un’Europa che da un quarto di secolo è tutta libera e (dopo la guerra nella ex Jugoslavia) tutta in pace con se stessa nella sua storia plurimillenaria. Occorre definire nuovi obiettivi strategici, grandi e diffuse consapevolezze, sogni di libertà e di nuova democrazia, costruendo un percorso in cui le regole seguono e non precedono, perché sono concepite come la sintesi alta di scopi e ideali, come segno tangibile di diritti e doveri. L’Unione Europea deve, infatti, per prima cosa definire la propria nuova identità, darsi finalmente e davvero una Costituzione, disegnare obiettivi economici e strategici che siano capaci di esprimere una visione di politica economica ampia, condivisa, di lungo periodo che miri allo sviluppo sociale e al progresso. Le unioni di segmenti economici europei e la stessa moneta comune non sono più dei traguardi e rischiano una crisi di rigetto se non inglobati in un’esperienza più alta, più ambiziosa, che impari e faccia tesoro degli errori commessi. Occorre un’Europa più pacificata economicamente al proprio interno, dove gli spread e le disuguaglianze fiscali non proliferino o penalizzino più così pesantemente gli Stati membri, le rispettive economie e le prospettive di prosperità e di civiltà. Occorre, in sostanza, un ripensamento complessivo che superi le contraddizioni che non basta elencare per poterle risolvere. In questi anni di crisi, le esistenti istituzioni europee, prima fra tutte la Bce, hanno salvato il salvabile, hanno evitato che la grande crisi economica pregiudicasse una disgregazione della giovane Europa. Ma ora più che mai le indispensabili misure monetarie non sono più sufficienti, anche se sono tuttora necessarie e utilissime. Occorrono una nuova riflessione progettuale, una nuova speranza collettiva, la consapevolezza che si deve crescere insieme e che l’alternativa è una decadenza con rischi di salti nel buio irreparabili».

da “Fondazioni” settembre-ottobre 2015