La Casa dei Carraresi, il centro convegni ed esposizioni della Fondazione Cassamarca, dal 24 ottobre ospiterà a Treviso la più importante retrospettiva mai realizzata in Italia su Doménikos Theotokópoulos, soprannominato El Greco. La mostra, che chiuderà i battenti il 16 aprile, giunge a coronamento delle iniziative che hanno da poco celebrato il quarto centenario della sua morte (Toledo, 1614) in Grecia e in Spagna, rispettivamente paese di nascita e di adozione dell’artista. L’Italia fu, invece, la terra della sua formazione e l’attesa mostra “El Greco in Italia. Metamorfosi di un Genio”, organizzata da Kornice, di Andrea Brunello, con la collaborazione di Art for Public e Fondazione Cassamarca, svelerà al pubblico, attraverso opere e spunti scientifici inediti, l’affascinante avventura umana e artistica che il maestro del Cinquecento ha vissuto proprio nel nostro Paese. Incontri, scoperte e passioni plasmarono il suo modo di dipingere al punto tale da trasformarlo nel genio visionario apprezzato nei secoli successivi da esponenti del romanticismo, tra cui Baudelaire e Delacroix, e delle avanguardie cubiste e impressioniste, come Picasso, Manet e Cézanne, che trassero anche ispirazione dalle sue stravaganze: i colori acidi, quasi psichedelici, il movimento ascensionale delle sue figure, l’impressionante rappresentazione psicologica dei suoi ritratti, gli sprazzi di luce rubati alle tenebre. A Treviso si potranno ammirare i capolavori realizzati proprio nel decennio 1567-1576, trascorso in Italia e tra i più bui della sua vita. Il curatore della mostra, Lionello Puppi, aiuta a ricostruirlo.
Nato a Creta nel 1541 quando l’isola era ancora un territorio della Repubblica di Venezia, El Greco a 26 anni, dopo aver dato prove singolari legate al linguaggio della tradizionale icona bizantina, si trasferisce a Venezia, allora ricca metropoli in pieno fermento artistico, in cerca di fortuna. Lì entra in contatto con le botteghe di Tiziano in primis, Tintoretto, Jacopo da Bassano e ne rimane talmente folgorato da cambiare il suo modo di dipingere e trasformarsi da iconografo ortodosso in un artista innovativo e rivoluzionario. Tra le opere più importanti della mostra ci sono due quadri particolarmente significativi per la sua storia d’artista: la “Santa Maddalena Penitente”, con Venezia sullo sfondo, che risente della profonda influenza di Tiziano e arriva per la prima volta in Italia dal Museo di Belle Arti di Budapest; la “Sacra Famiglia”, appartenente a una collezione privata.
La mostra racconta anche il periodo “romano” di El Greco, quando, nel 1570 lavora al cospetto del “gran cardinale” Alessandro Farnese che, forse proprio a causa della sua personalità forte e orgogliosa, lo licenzia nel 1572. Inviso ai circoli della Roma che conta, El Greco s’inoltrerà in un percorso problematico che lo porterà a Parma, dove si appassiona al Parmigianino e al Correggio, e forse in Umbria, sino a un breve ritorno a Venezia. Nel 1576 si trasferisce a Toledo, dove creerà le sue opere più impressionanti (alcune delle quali esposte) e talmente moderne da allontanarlo dall’approvazione della Controriforma e poi, con l’avvento del barocco, farlo cadere nell’oblio. La sua “riscoperta” avviene prepotentemente solo nell’Ottocento ed è la “Sacra Famiglia” a rappresentare il punto di svolta per la sua consacrazione. Nel 1838, infatti, il quadro va in mostra al Louvre; l’impressione che suscita sancisce l’inizio del mito che circonda oggi il pittore: un genio tormentato che la leggenda vorrà stravagante e maledetto, artista carismatico e provocatore, vestito sempre di nero, che crea i suoi capolavori nel buio di spazi dalle imposte chiuse, affinché la luce del giorno non turbi la sua “luce interiore”.