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Condivisione e solidarietà ovvero il bello dell’abitare sociale

Se si pensa che il 49% della popolazione italiana adulta è idonea per il parametro del reddito (compreso in un range che va dai 15mila ai 55mila euro annui) a inoltrare la propria candidatura per l’assegnazione di un alloggio che rientri nell’ambito dell’edilizia agevolata, ben si comprende quanto nel Paese sia oggi centrale il tema dell’housing sociale. Si tratta di quell’insieme di iniziative volte a soddisfare il bisogno abitativo di coloro (giovani coppie, famiglie monogenitoriali, anziani, giovani professionisti, studenti e immigrati) che hanno un reddito troppo alto per accedere all’edilizia popolare pubblica, ma al contempo non hanno risorse sufficienti per sostenere un affitto a prezzi correnti. Se poi si ha modo di verificare come si svolge la vita in quegli spazi (ad esempio il complesso abitativo di via Cenni a Milano, da poco inaugurato da Fondazione Cariplo, o quello di via Padova 36) dove lo spirito dell’ “abitare sociale” si realizza concretamente – cioè condomini in cui si condividono la lavanderia, l’orto, la sala giochi per i più piccoli e magari ci si dà una mano per assistere bambini e anziani, costruendo una rete di solidarietà basata su un vero e proprio welfare dal basso – ci si rende conto che la voglia di luoghi del vivere dove il vicinato diventa comunità potrebbe estendersi a molti, ampliando ancor più il numero di coloro che all’housing sociale già guardano come a una soluzione soddisfacente per la propria quotidianità. Perché l’housing sociale si pone l’obiettivo non solo di creare un contesto abitativo dignitoso, che assicuri un alloggio e servizi adeguati, ma anche di favorire lo sviluppo e il mantenimento di relazioni umane ricche e significative, dove l’integrazione, il rispetto e la solidarietà sono capaci di generare coesione sociale, presupposto per un benessere comune e diffuso.

 

In Francia il social housing rappresenta il 20% del mercato residenziale, in Gran Bretagna il 22%, in Olanda il 36%, in Germania il 6%, in Italia l’8%, quasi tutto concentrato al nord. Non è pochissimo, ma è comunque una percentuale del tutto insufficiente vista la possibile richiesta. Così il Governo ha dichiarato che rafforzerà l’attenzione al tema, per potenziare quanto si sta già facendo, che vede centrale il ruolo del Fia, il Fondo Investimenti per l’Abitare gestito da Cdp-Investimenti Sgr, società partecipata al 70% da Cdp Spa e al 15% ciascuna dall’Acri e dall’Abi. Non certo secondario è, però, quanto stanno facendo le Fondazioni di origine bancaria, che a livello locale hanno stimolato la nascita di fondi territoriali nei quali il fondo nazionale Fia può investire, allargando il raggio della propria “onda d’urto”.

 

Finora il Fia ha ricevuto sottoscrizioni per oltre 2 miliardi di euro (1 miliardo da Cdp Spa; 900 milioni da banche, assicurazioni e fondazioni; 100 milioni dal Ministero delle Infrastrutture) e nei prossimi anni realizzerà 20.000 alloggi da dare in locazione a canoni ridotti del 40-50%. A oggi sono state assunte delibere di investimento per un importo complessivo pari a 1,64 miliardi di euro in 28 fondi locali, gestiti da 9 società di gestione del risparmio immobiliari. I finanziamenti approvati sono relativi a 219 progetti (erano 159 a fine 2013) per un ammontare complessivo di 15.833 alloggi sociali e 6.532 posti letto in residenze temporanee e studentesche. Tra i fondi locali partecipati dal Fia, a titolo di esempio si possono citare: il Fondo Parma Social House, che ha in corso 7 progetti per complessivi 874 alloggi; il Fondo Immobiliare Lombardia (Comparto Uno e Due) che, nato su iniziativa di Fondazione Cariplo, è stato il primo fondo etico dedicato all’housing sociale e attualmente gestisce 24 progetti per 273,7 milioni di euro relativi alla realizzazione di 3.119 alloggi; il Fondo Housing Toscano, con 82 milioni di euro per 1.042 alloggi. Questi sono solo alcuni dei principali fondi di investimento che operano a livello locale; in realtà vi sono molte altre iniziative, come ad esempio nel Veneto, in Italia Centrale, in Emilia-Romagna, in Trentino, in Liguria, in Sardegna. L’elenco non è esaustivo, ma fornisce un riferimento utile a rappresentare un fenomeno che si sta sviluppando in tutto il territorio nazionale, tra l’altro anche con iniziative realizzate al di fuori del Fia e svolte spesso da più Fondazioni in partnership fra loro. È il caso, per esempio, del fondo Social and Human Purpose in Piemonte, che annovera tra gli investitori le Fondazioni: Crt, Sviluppo e Crescita-Crt, Cassa di Risparmio di Alessandria, Cassa di Risparmio di Asti, Cassa di Risparmio di Biella, Cassa di Risparmio di Fossano e Cariplo. Il Fondo è suddiviso in due comparti (Immobiliare sociale a uso collettivo e Campus universitari) e gli investimenti sono indirizzati prevalentemente in Piemonte e Valle d’Aosta, Lombardia e Liguria. Interessanti sono anche le iniziative prese dalle Fondazioni Cassa di Risparmio di Lucca, Cassa di Risparmio di Pistoia, Cassa di Risparmio di Prato e Cassa di Risparmio di Civitavecchia che, nell’ambito dei rispettivi progetti di social housing, hanno messo a disposizione di nuclei famigliari alcune unità abitative a canoni calmierati. Il progetto della Fondazione Cr Lucca riguarda 48 alloggi e ha comportato un investimento di circa 10 milioni di euro. La Fondazione Cr Pistoia ha adibito tre unità immobiliari all’accoglienza di soggetti interessati da procedure di “sfratto incolpevole” ed altre ne sta costruendo. La Fondazione Cr Prato ha messo a disposizione un immobile per l’accoglienza di minori privi di sostegno famigliare, mentre la Fondazione Cr Civitavecchia ha destinato 9 unità abitative a soggetti bisognosi.

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