A cosa serve il carcere? Probabilmente c’è più di una risposta, ma senz’altro nella nostra cultura il segno della ridefinizione di un’identità in funzione di una ritrovata capacità di essere inseriti nel corpo sociale, non nuocendo a questo – nel suo insieme e nei suoi singoli membri – anzi cercando di esserne parte armonica e attiva, è senz’altro più forte delle valenze punitive o in qualche modo risarcitorie nei confronti delle vittime. Le pene – recita l’articolo 47 della Costituzione italiana – non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Rieducazione e reinserimento – oggi si dice – affinché la pena per un delitto non debba essere scontata per la vita ed eventualmente portare, a causa dell’emarginazione, alla reiterazione del crimine. Con questa consapevolezza diverse Fondazioni di origine bancaria sostengono, dunque, iniziative finalizzate a favorire il reinserimento degli individui nella società sia dopo che durante la detenzione. Particolarmente attenta al tema è la Compagnia di San Paolo, che il 25 e il 26 febbraio ha organizzato un importante convegno a Torino dal titolo “Guardiamoci dentro. Le ragioni di una riflessione sul carcere in Italia”, che ha fatto il punto della situazione con i principali soggetti nazionali che lavorano nel carcere. Tra interventi e tavole rotonde sono stati affrontati vari argomenti, fra cui: il senso della pena in relazione al quadro normativo; come lavorare insieme tra volontari, cooperative e personale penitenziario; azioni di contrasto alla pena del non lavoro; il ruolo del territorio.
L’impegno della Compagnia di San Paolo a favore della popolazione carceraria conta una molteplicità di interventi in diverse direzioni con contributi che arrivano complessivamente a 13,4 milioni di euro, di cui 6 milioni sono stati investiti tra il 2011 e il 2014 con Progetto Libero. A questi si aggiungono gli importi assegnati dall’Ufficio Pio per oltre 2 milioni di euro relativi a interventi in sostegno alle necessità primarie dei detenuti della casa circondariale “Lorusso e Cutugno” e al progetto Logos, che quest’anno compie dieci anni. Esso è rivolto ai detenuti in uscita dal carcere per aiutarli a raggiungere l’autonomia e reinserirsi socialmente. Durante il convegno è stata presentata una ricerca che ha valutato l’impatto del progetto Logos in termini di recidiva e, più in generale, il contributo che questo ha saputo dare al reinserimento sociale delle persone. Essa mostra che la percentuale di recidiva media fra coloro che hanno seguito per intero il progetto Logos, nei 7 anni presi in esame (2007-2014), è del 23,2%, ben 15 punti in meno del miglior dato nazionale a oggi disponibile (38,11% relativo ai fruitori di indulto), ma soprattutto ben 45 punti inferiore rispetto alla recidiva ordinaria rilevata dall’Amministrazione penitenziaria (68,45%).
«La missione della Compagnia di San Paolo – dichiara il presidente Luca Remmert – è lo sviluppo della comunità nel suo insieme. Il mondo carcerario ne fa parte a pieno titolo e le sue sorti riguardano tutti, anche chi sta “fuori”. Garantire un adeguato livello di dignità a queste persone è un dovere morale e un principio sancito dalla nostra Costituzione. Ma occorre andare oltre. Noi siamo convinti che offrire ai detenuti e alle detenute adeguate opportunità per riabilitarsi, per acquistare o riacquistare dignità e onore, pur nella severità necessaria e imprescindibile della pena, contribuisca in modo concreto e duraturo alla sicurezza sociale e di conseguenza al beneficio di tutta la comunità».
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