Nei giorni in cui escono i risultati della consueta indagine dell’Istituto Toniolo sulla condizione giovanile in Italia, da cui emerge che i nostri ragazzi sono sempre più disillusi rispetto alla possibilità di trovare lavoro, una ricerca condotta da Codici e Comune di Milano rivela che nella metropoli lombarda, nell’anno scolastico 2013-2014, due alunni per ogni classe delle elementari e delle medie risultavano a rischio di non farcela, di non arrivare a ottenere la licenzia media. Questioni diverse, si dirà. Senz’altro. Eppure le difficoltà della scuola, tra edifici a volte fatiscenti e dispersione scolastica, rischiano di incidere pesantemente sul futuro, anche lavorativo, dei giovani che appartengono alle fasce più deboli della società. Le Fondazioni di origine bancaria, consapevoli di ciò, spesso intervengono nei loro territori per promuovere e migliorare i processi educativi, anche nella convinzione che la capacità di un Paese di produrre conoscenza e innovazione, e dunque sviluppo, e perciò anche nuovi posti di lavoro, dipende soprattutto dalla qualità del capitale umano di cui esso dispone. Sono tante le iniziative delle Fondazioni che confermano il loro impegno per estendere e differenziare gli interventi educativi nelle loro comunità, arricchendo la sfera delle opportunità formative dei cittadini, anche con progetti che consentono ai giovani di acquisire competenze sempre più qualificate, professionali e attinenti al mondo del lavoro (sul tema abbiamo ospitato anche un ampio contributo di Marco Rossi Doria).
I giovani italiani sono sempre più disillusi rispetto alla possibilità di trovare lavoro in Italia e sempre più disponibili a guardare fuori confine; hanno comunque voglia di mettersi in gioco. Presentata in Acri, il 27 gennaio scorso, alla presenza del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, la consueta indagine sulla condizione giovanile in Italia promossa dall’Istituto Giuseppe Toniolo, in collaborazione con l’Università Cattolica e con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo, rivela, infatti, che oltre l’85% degli intervistati (19-32 anni) è convinto che in Italia le opportunità lavorative legate alle proprie competenze professionali siano scarse o limitate. Il perdurare della crisi economica e la carenza di efficacia delle politiche passate, inoltre, ha generato una forte sfiducia nel futuro: poco meno di un giovane su quattro è convinto (“molto” o “abbastanza”) che l’Italia avrà un rilancio entro i prossimi tre anni, uno su cinque lo esclude categoricamente, mentre la maggioranza è appesa a un po’ di fiducia (51,3%) ma attende segnali forti e concreti di svolta. Il 37,3% attribuisce la principale causa della disoccupazione ai limiti della domanda nel mercato del lavoro, considerata ridotta come quantità e bassa come qualità, con l’aggiunta di scarsi investimenti in ricerca e sviluppo. Il 20,9% ritiene che si debbano migliorare i meccanismi di reclutamento, legati a regole troppo rigide e lontani dalla meritocrazia. Solo il 19,2% attribuisce ogni causa alla crisi economica, mentre il 17,4% è autocritico: i giovani non trovano lavoro per via della poca esperienza (15,3%), di una scarsa formazione e della difficoltà ad accettare alcuni tipi di occupazione. Nel contesto attuale il 70% dei giovani vede il domani pieno di rischi e incognite, sicché bisogna essere pragmatici. Allora il 75,7% (80% al Sud – 71,4% al Nord) rinuncia a disegnarsi un futuro per affrontare le difficoltà del presente. Se nel 2012 il lavoro era ancora considerato più un luogo di autorealizzazione che un mezzo per procurarsi reddito, ora la situazione è completamente capovolta. L’obiettivo primario è quello di trovare un’occupazione retribuita rinviando nel medio-lungo periodo la propria realizzazione personale. La carenza di orientamento e di adeguate informazioni sul mercato del lavoro e sulla sua evoluzione non aiuta i giovani a fare le scelte giuste di raccordo tra percorso formativo e professionale. Esiste un ampio scostamento tra i settori in cui essi si aspettano di trovare impiego e quelli che, invece, mostrano una maggior domanda di assorbimento.
L’indagine segnala inoltre che tra chi studia il 37% dice che cercherà lavoro nel settore pubblico, soprattutto tra le donne, i giovani del Sud e i non diplomati, nonostante lo scarso peso di questo settore nell’occupazione giovanile (13% tra i giovani occupati intervistati). Gli studenti manifestano invece una forte sottovalutazione delle opportunità offerte da settori come il commercio, l’artigianato e l’agricoltura. Emerge anche che se dal lato della domanda i giovani segnalano una carenza di reali opportunità, dal lato dell’offerta indicano come uno dei limiti principali non tanto la propria resistenza culturale verso certi tipi di lavoro quanto la carenza di combinazione tra formazione ed esperienza per poterli davvero svolgere. In decisa crescita è infatti la disponibilità di adattamento anche verso attività di tipo manuale, purché con una remunerazione adeguata e nelle quali esprimersi in modo creativo. Le difficoltà a trovare un lavoro non solo intaccano nei giovani la fiducia nelle istituzioni, ma rischiano anche di ridurre il senso di appartenenza sociale, portandoli a rifugiarsi nella rete parentale più ristretta, al punto che solo il 35% circa ritiene che la maggior parte delle persone sia degna di fiducia. Un alto grado di fiducia viene riposto unicamente nei famigliari e negli amici: l’80% dei giovani si ritiene soddisfatto dei propri rapporti.
«In una realtà sempre più complessa, competitiva e in rapida trasformazione è importante dotare le nuove generazioni di una solida formazione e di strumenti adeguati per fare le scelte giuste nel passaggio dalla scuola al mondo del lavoro – afferma il professor Alessandro Rosina, tra i curatori dell’indagine –. Attualmente l’Italia si trova a essere, purtroppo, uno dei paesi avanzati che meno hanno attrezzato le nuove generazioni a cogliere le opportunità del mondo che cambia. Rispetto ai coetanei degli altri paesi sviluppati i giovani del nostro Paese si trovano infatti più spesso avvolti da una fitta nebbia nelle fasi iniziali del percorso occupazionale, con il rischio di perdersi e finire fuori strada. Alta nelle nuove generazioni è la voglia di essere attivi e mettersi in gioco, ma alto è anche il rischio di frustrazione e demotivazione in carenza di politiche concrete ed efficaci, in grado di aiutare i giovani italiani a dare solide basi al proprio futuro attraverso un’adeguata collocazione nel mondo del lavoro».