Sono ormai un appuntamento atteso gli incontri organizzati annualmente dalla Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti per fare il punto sull’incidenza dei tumori maligni su parte del territorio abruzzese. Istituito sette anni fa per analizzare la situazione nella provincia di Chieti, oggi la rilevazione copre anche la provincia di L’Aquila ed entro l’anno in corso quella di Teramo, grazie al contribuito delle Fondazioni Carispaq e Tercas, che hanno sposato l’iniziativa della Fondazione teatina. E i dati che emergono anche dall’ultima rilevazione – effettuata per singoli tipi di patologia tumorale a seconda dell’età, del sesso e della precisa dislocazione territoriale – fanno comprendere quanto sia importante questo Registro Tumori, curato dal Dipartimento di Oncologia dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti con il coinvolgimento delle Asl territorialmente competenti. Emerge che nel biennio 2009-2010 sono stati 3.137 i nuovi casi di cancro nelle province di Chieti e L’Aquila (una popolazione complessiva di 500mila residenti): 1.394 nella popolazione femminile e 1.753 in quella maschile, con un trend in marcata ascesa dopo i 50 anni per entrambi i sessi. Il picco di incidenza negli uomini si ha tra i 70 e i 75 anni, nelle donne intorno ai 60 anni e poi fra 71 e 75 anni. Gli uomini sono colpiti soprattutto da cancro della prostata, poi della vescica e del colon retto. Le donne da cancro della mammella, del colon retto e dell’utero. Dal prossimo anno il quadro sarà più ampio perché si avranno anche i dati relativi alla provincia di Teramo. Ma l’auspicio dei promotori è che l’iniziativa possa essere estesa all’intero territorio regionale e che dopo la fase di start up, sostenuta dalle Fondazioni, trovi attenzione presso la Regione e le competenti strutture sanitarie affinché si facciano carico delle problematiche e dei costi inerenti il funzionamento del Registro che, con una copertura regionale, sarà ancora più preciso in quanto i risultati saranno depurati da qualsiasi errore derivante dalle cosiddette “migrazioni sanitarie” tra Asl.