Sperimentato il metodo, per la Fondazione Crt la venture philanthropy è ormai diventata un credo, che ne illumina gli approcci nelle scelte erogative, e non solo, e i criteri di gestione dei progetti. Così quest’anno ha fatto da padrona di casa alla 7ª Conferenza Annuale della European Venture Philanthropy Association (Evpa), un’associazione che riunisce oltre 130 soggetti impegnati a promuovere questa innovativa forma di intervento nel sociale, che mutua nel non profit attività tipicamente manageriali. La manifestazione, che ha registrato la presenza di circa 350 partecipanti, si è svolta il 16 e il 17 novembre 2011 presso il Centro Congressi Unione Industriale di Torino. Due giornate intense di lavori, a cui hanno partecipato fra gli altri: Giuseppe Guzzetti, presidente di Fondazione Cariplo, oltre che dell’Acri; Giovanni Gorno Tempini, amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti; Angelo Miglietta, segretario generale della Fondazione Crt. Sono state inoltre proposte testimonianze su casi concreti di venture philanthropy, in particolare quelle di: Luciano Balbo, fondatore e presidente della Fondazione Oltre; Damon Buffini, co-fondatore di Permira e del Trust Social Business; Hanne Finstad, fondatore e Ceo di Forskerfabrikken; Charly Kleissner, co-fondatore della Fondazione Felicita KL; Andrea Limone, amministratore delegato di PerMicro. Ma che cosa si intende con la locuzione “venture philanthropy”? A differenza della donazione tradizionale, la venture philanthropy prevede di fatto una strategia d’investimento completa, comprensiva della valutazione iniziale dell’investimento, della strategia di uscita, della sostenibilità dell’organizzazione finanziata e del trasferimento a questa di competenze organizzative e manageriali. Essa si basa su una maggior responsabilizzazione sia di chi eroga il contributo sia di chi lo riceve. Dunque, un vero e proprio capitalismo etico. Le quattro caratteristiche fondamentali che distinguono le iniziative di venture philanthropy sono infatti: una partnership attiva e di lungo periodo con le organizzazioni non profit, per promuovere la crescita dell’intera organizzazione (“capacity building”) e non solo singoli progetti; la capacità di fornire non solo denaro, ma anche competenze, contatti e sostegno strategico; l’uso non solo di donazioni, ma anche di altri strumenti finanziari come prestiti, prestiti partecipativi, quote di capitale; l’attenzione alla replicabilità degli interventi e all’aspetto complessivo dell’impatto sociale. Da alcuni anni la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino ha innescato un significativo cambiamento nel modo di fare erogazioni e dunque nel modo di “essere fondazione”, imprimendo una decisa svolta alla natura delle proprie attività. Le tradizionali modalità erogative sono state affiancate dalla venture philanthropy, un approccio innovativo all’investimento nel sociale nel panorama italiano e in particolare nel sistema delle Fondazioni di origine bancaria. Quella che la Fondazione Crt sta percorrendo è una strada ancora in gran parte inesplorata in Italia, anche se diffusa nel mondo anglosassone. D’altra parte, sperimentare nuovi strumenti, sviluppare iniziative inconsuete, anche di lungo periodo, ricercare soluzioni innovative ai nuovi e vecchi bisogni espressi dal territorio, costituiscono una caratteristica peculiare del ruolo che le Fondazioni di origine bancaria italiane sono chiamate a svolgere nella società.Per la Fondazione Crt la costituzione nel 2007 di un nuovo strumento operativo, la Fondazione Sviluppo e Crescita – Crt, ha rappresentato il passo decisivo per dare concretezza a tale nuovo approccio, a cui si affianca nel contempo il tentativo di applicare la venture philanthropy in modo diffuso e alle molteplici iniziative in tutti i settori in cui la Fondazione torinese opera. Se la recente adozione di tale approccio fa sì che la gran parte della progettualità riconducibile alla venture philanthropy sia ad oggi in fase di avvio o in corso – e a maggior ragione se ne potranno misurare gli effetti solo negli anni a venire – la portata delle iniziative ad oggi realizzate trascende il progetto in sé per essere letta quale stimolo al cambiamento, nella direzione di una maggiore efficacia ed anche efficienza, per la Fondazione in primis ma anche per i propri stakeholder. Il più importante esempio di venture philanthropy che abbiamo finora portato a termine è l’inaugurazione di un edificio di nove piani interamente dedicato all’housing sociale temporaneo e inaugurato in presenza del Sindaco di Torino lo scorso 4 ottobre. Questo grande palazzo, che ha preso il nome di “Sharing”, è il frutto di 15 mesi di intenso lavoro grazie al quale un edificio di diecimila metri quadrati, nove piani, 122 unità abitative e 58 camere d’albergo è a disposizione di quasi 500 persone. Si tratta per noi della Fondazione Crt di un evento ancora più emblematico dal momento che si realizza a poca distanza da una significativa ricorrenza per la nostra istituzione: al 20 dicembre saranno infatti trascorsi vent’anni da quando la Fondazione Crt è stata costituita e ha iniziato ad operare per lo sviluppo di Torino, del Piemonte e della Valle d’Aosta, accogliendo ed ampliando la vocazione territoriale della banca dalla quale prende avvio. Vent’anni che hanno visto evolvere e maturare il nostro modo di lavorare, che è andato sempre adeguandosi alle esigenze del momento. Venendo all’oggi e al modello Sharing, infatti non si tratta di un’operazione puramente erogativa ma di una forma di investimento sociale che contempla un ritorno sul territorio anche di tipo economico, oltre che il pieno coinvolgimento nonchè la responsabilizzazione dei soggetti coinvolti. Le risorse generate infatti consentiranno il reinvestimento del capitale in operazioni della stessa natura, dando avvio a un circolo virtuoso a garanzia della sostenibilità dell’iniziativa. Il progetto portato a termine, inoltre, è frutto di un’operazione corale, di un lavoro di squadra, che è un altro elemento chiave dell’approccio filantropico adottato dalla Fondazione Crt: si è sviluppato un partenariato vincente tra pubblico e privato che ha saputo rispondere alle esigenze della collettività unendo le competenze di ciascuno – le idee, l’esperienza, la capacità finanziaria – e ha concretamente offerto una disponibilità di alloggi a quella fascia della popolazione cosiddetta “grigia”, resa sempre più numerosa dalla congiuntura economica, che non trova collocazione nel mercato immobiliare e che non è destinataria dell’edilizia popolare, rivolta invece a veri e propri casi d’emergenza abitativa. Un ulteriore elemento strategico risiede nel fatto che il ruolo della Fondazione non è stato esclusivamente quello di sostenere economicamente il progetto – benché la Fondazione Sviluppo e Crescita Crt abbia finanziato il 90% dei 14,5 milioni di euro spesi – ma quello di trasferire le competenze e le risorse necessarie, sulla base di un’esperienza consolidata. In generale, infatti, i capitali utilizzati per gli interventi di social housing a livello locale, che in larga parte dovrebbero essere forniti da Fondazioni di origine bancaria, non dovrebbero provenire dall’impiego del patrimonio, dal momento che ad oggi ciò comporta il rischio della perdita del capitale o di una sua non adeguata remunerazione. Il rischio che esso venga consumato è infatti particolarmente elevato. Sarebbe piuttosto utile introdurre un semplice cambiamento della normativa in tema di fondazioni che consenta (e auspichi caldamente) che una parte delle erogazioni annue, per loro natura a fondo perduto, venga destinata a sostenere il social housing. Ciò eviterebbe la parziale dissipazione delle erogazioni nel meccanismo a fondo perduto e consentirebbe a queste risorse finanziarie di svolgere il ruolo di “capitali pazienti” e di “assorbitori di rischio” che è ben nota alle buone pratiche della filantropia anglosassone. Si favorirà così un ritorno nel tempo e un reimpiego delle risorse, in un meccanismo virtuoso che trasforma l’efficienza in valore per la società e non in profitto per capitali speculativi, senza la dissipazione di quelle risorse finanziarie in donazioni a fondo perduto. Infine, riflettendo in generale sulle Fondazioni italiane di origine bancaria e sulla situazione generale del nostro Paese, le buone pratiche della Venture Philanthropy sembrano anche uno strumento particolarmente indicato per l’attuazione di politiche legate al ruolo e alle dimensioni dell’intervento statale. Spicca tra queste l’idea della “Big Society”, sviluppata di recente in Gran Bretagna: una proposta che, ponendo l’accento sull’empowerment delle comunità locali e sulla responsabilità sociale, prevede l’uscita del settore pubblico dall’attività di imprenditore nella produzione di beni e servizi di pubblica utilità e di interesse collettivo, rafforzando la sua presenza nelle aree che specificamente gli spettano: la programmazione strategica e il controllo.
Nasce l’albergo sociale
“Sharing Condividere idee e abitazioni” è il nome del più importante esempio di housing sociale temporaneo in Italia, ma soprattutto è uno dei più emblematici esempi di venture philanthropy. É stato voluto e realizzato a tempi di record – poco più di un anno dall’inizio dei lavori alla consegna dell’immobile – da un gruppo di partner che hanno saputo lavorare insieme con grande efficienza, fra cui in particolare la Fondazione Crt (che ha erogato 14 milioni di euro, pari al 90% dei costi del progetto) e la Città di Torino. Si tratta di un grande edificio (nelle due foto in pagina), prima delle Poste Italiane, composto da due corpi di fabbrica da nove piani (circa diecimila metri quadrati complessivi in via Ivrea 24), in grado di offrire 122 unità residenziali provviste di cucina a induzione, completamente arredate, dotate di servizio wi-fi gratuito e sistema di domotica per il controllo delle utenze, nonché 58 camere ad uso hotel, i cui costi sono particolarmente contenuti. Inoltre Sharing offre servizi sanitari, di promozione sociale, spazi commerciali aperti a inquilini e residenti, così da promuovere la socialità tra le persone. Il progetto concretizza l’approccio tipico della venture philanthropy. Ovvero un’erogazione assimilabile a un vero e proprio investimento sociale, che contempla un ritorno sul territorio anche di tipo economico e la responsabilizzazione dei soggetti coinvolti. Le risorse che verranno generate sono, infatti, destinate ad essere reinvestite in operazioni della stessa natura, dando avvio a un circolo virtuoso. Peraltro, sottolinea il direttore dell’Acri Giorgio Righetti: «Se è vero che da un lato ci sono iniziative di alcune Fondazioni che potrebbero essere in qualche modo ricondotte alla venture philanthropy, è pur vero che questa sistematizza e rende organici, per il mondo del non profit, principi di efficienza, efficacia e sostenibilità. L’importante – ha continuato – è che contemporaneamente vengano sempre salvaguardati i valori di cittadinanza attiva, partecipazione, cultura della solidarietà propri del volontariato e delle stesse Fondazioni, che a questo mondo danno un fondamentale sostegno». Anche questi sono criteri da non trascurare, al pari della sostenibilità! Dall’apertura, avvenuta a inizio settembre Sharing ha accolto quasi 300 persone fra studenti, genitori single, parenti di degenti negli ospedali cittadini, lavoratori fuori sede (58% studenti; 1% per un progetto sociale/privato; 19% per il Comune di Torino che diventa il 21% con il Comune di Settimo; 13% lavoratori in trasferta; 7% giovani coppie). Un centinaio di ospiti sono cinesi che studiano ingegneria dell’automobile o architettura al Politecnico di Torino. La struttura e i servizi sono gestiti da Oltre Venture e da D.O.C., attraverso Sharing Srl.