Era l’ultima tappa del “Grand Tour” la Sicilia: chiudeva il viaggio che i giovani aristocratici europei compivano attraverso il continente per perfezionare la propria educazione umanistica. Le culture greca, latina, araba e normanna in questa terra festeggiata dal sole si sono incontrate, sovrapponendosi e contaminandosi. Non hanno, però, lasciato solo vestigia del passato e una grande ricchezza di opere d’arte e di pensiero, ma anche un “habitus” alla convivenza che si offre come concreta possibilità perché si sviluppi un vero dialogo tra l’Europa e i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, dal quale né l’Italia né la Ue possono prescindere per il proprio rilancio politico ed economico. E poi la Sicilia, insieme alla Toscana, è anche il luogo dove si è parlato l’italiano per la prima volta e dove, nel maggio del 1860, è cominciata la marcia garibaldina per l’unificazione del Paese. Ed è ancora lì che martiri dei nostri giorni, come Falcone e Borsellino, ma anche tanti – purtroppo tantissimi – altri, hanno dato testimonianze fra le più alte e dolorose dei valori di civiltà e di fedeltà alla legge e alle istituzioni, memento stabile per chi vuol difendere la democrazia anche là dove l’illegalità tenta di renderla fragile. É allora a Palermo, capoluogo di questa Sicilia, che l’Acri ha deciso di celebrare il proprio centenario con un congresso, il ventiduesimo della sua lunga storia, organizzato in collaborazione con l’unica Fondazione di origine bancaria operante su quel territorio: la Fondazione Banco di Sicilia. Promotrice di iniziative di solidarietà sociale e di volontariato o a favore della ricerca scientifica e dello sviluppo sostenibile, la Fondazione, che ha sede a Palermo, negli ultimi anni ha legato il proprio nome a un importantissimo “Forum for Africa”, di cui si sono già svolte, a Taormina, cinque edizioni. Ma è soprattutto sul fronte della valorizzazione della cultura che la Fondazione Banco di Sicilia è impegnata, con un occhio di particolare riguardo alla sua regione, attraverso numerosi progetti che vanno dal teatro alla letteratura – con l’ormai accreditatissimo Premio Letterario Internazionale Mondello, tra i più antichi nel panorama italiano – fino all’arte e ai restauri. A Villa Zito ospita, infatti, il prestigioso Museo d’Arte e Archeologia, intitolato a Ignazio Mormino, che custodisce preziose collezioni d’arte, fra cui una quadreria composta da oltre 120 opere della scuola pittorica siciliana della seconda metà dell’Ottocento e 150 tele del Novecento. E Palazzo Branciforte, uno degli edifici storici più belli della città, è diventato la sua nuova sede, che verrà inaugurata proprio alla vigilia del XXII Congresso Nazionale dell’Acri. Acquistato dalla Fondazione nel 2005, l’edificio è stato restaurato sotto la direzione dell’architetto e designer di fama mondiale Gae Aulenti, che ha previsto di ridare vita all’intero complesso mantenendo le testimonianze del passato e prevedendo “contaminazioni” di design contemporaneo in alcuni ambienti interni. Fatto costruire da Nicolò Placido Branciforte Lanza conte di Raccuja quale residenza privata, il cinquecentesco palazzo, che sorge nel cuore del centro storico di Palermo, nell’antico quartiere di Castellammare, in via Bara all’Olivella, per la ricchezza degli elementi architettonici e dei lussuosi arredi interni divenne presto una fra le più importanti dimore patrizie della città. Agli inizi dell’Ottocento la famiglia Branciforte cede il palazzo al Senato di Palermo per le esigenze del Monte di Pietà, i cui locali ove aveva sede, nell’antico palazzo nel Piano della Panneria, da diversi anni risultavano insufficienti a contenere il grande volume di beni che venivano consegnati per le operazioni di credito. Sicché nel dicembre del 1801 il Monte di Pietà di Palermo trasferisce a Palazzo Branciforte la sezione povera dei pegni non preziosi, per il prestito su pegno di seteria e biancheria e successivamente di oggetti di rame e di bronzo, denominando la nuova filiale Monte di Santa Rosalia. Durante i moti rivoluzionari del 1848 il Palazzo viene accidentalmente colpito da una bomba incendiaria lanciata contro i rivoltosi dai cannoni del Forte del Castello a mare, che provoca il crollo della copertura e dei solai di legno tra il primo e il secondo piano, distruggendo tutta la “roba” conservata nei magazzini. I successivi lavori di restauro per la riattivazione del servizio della pegnorazione non previdero il ripristino dei solai crollati, unificando così in altezza gli ambienti della seconda e della terza elevazione dell’edificio, i quali vennero dotati di ardite strutture lignee a tutta altezza, con scaffalature, scale e palchetti (vedi foto), che tutt’oggi creano un insieme di fascinosi ambienti, in perfetto stato di conservazione e spogli di ogni sorta di materiale, riconosciuti universalmente come un raro esempio ancora esistente di composizione architettonica lignea. L’intero complesso di Palazzo Branciforte, che si sviluppa su quasi seimila metri quadri di superficie, ospiterà mostre temporanee e collezioni permanenti, proponendosi come un luogo ricco di offerte innovative che – in piena coerenza con la missione della Fondazione – tenderà ad avvicinare più persone possibili al mondo dell’arte, attraverso appuntamenti culturali come seminari, spettacoli ed eventi a tema. Inoltre, insieme a parte delle collezioni del Museo Mormino, ospiterà stabilmente i fondi archivistici (868 volumi) relativi all’archivio storico del Monte di Pietà di Palermo, nonché una ricca biblioteca comprendente decine di migliaia di volumi, con una sezione specializzata in economia e diritto.