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Fondazioni in rete per l’agroalimentare

Fondazioni messe in rete da un’associazione temporanea di scopo per ottimizzare i propri investimenti a favore della ricerca nel settore agroalimentare, migliorarne i processi produttivi, sviluppare nuove tecnologie e valorizzare il capitale umano del settore: è questo Ager – Agroalimentare e Ricerca. È un’iniziativa patrocinata dall’Acri e realizzata da 131 Fondazioni di origine bancaria, che hanno messo a disposizione complessivamente 27 milioni di euro da spendere in tre anni per finanziare progetti di ricerca selezionati tramite bandi. Quelli finanziati sono 16, scelti secondo criteri di peer review e raggruppabili in quattro diversi comparti: ortofrutticolo, in particolare per ricerche nel campo di melo, pero e ortaggi pronti per il consumo; cereali, per studi su grano duro e riso; vitivinicolo, dalla viticoltura all’enologia;  zootecnico, in particolare la filiera del suino. Tutte le ricerche sono finalizzate a rafforzare la competitività di questi prodotti, coniugando rese elevate e rispetto della sostenibilità ambientale nonché garantendo la tracciabilità di filiera. L’idea è partire dal potenziamento delle produzioni territoriali di eccellenza, e quindi definire modelli replicabili anche in altri contesti territoriali. In campo agroalimentare il nostro Paese ha posizioni di leadership che meritano di essere consolidate e rafforzate; la capacità di innovazione è un asset fondamentale e imprescindibile per perseguire questo risultato. Le crescenti attese dei consumatori in termini di tracciabilità, garanzia di qualità e originalità dei prodotti rappresentano una domanda che non solo non può essere elusa, ma è un’opportunità e una sfida competitiva per l’industria agroalimentare italiana. Una sfida alla quale le Fondazioni di origine bancaria con questa iniziativa vogliono dare il loro supporto. Le risorse messe a disposizione tramite Ager raggiungono, infatti, una massa critica tale che potrà incidere concretamente per l’innovazione in questo settore. Le Fondazioni di origine bancaria sono profondamente radicate nei loro territori e molte di esse operano in aree a forte valenza agroalimentare. Con Ager possono realizzare progetti condivisi e farsi snodo per connettere reti di collaborazione, spesso già esistenti, tra operatori del settore, università e centri di ricerca pubblici e privati che lavorano su temi legati all’innovazione, al trasferimento tecnologico e alla ricerca in questo campo. Inoltre possono contribuire meglio a suggellare la vocazione territoriale dei tessuti produttivi locali in cui esse operano, proprio concentrando gli sforzi sull’innovazione, la ricerca scientifica e il capitale umano di eccellenza. Ager è governato da due Comitati. Il Comitato di gestione, composto in totale da 12 membri, che definisce il piano delle attività, gli strumenti, le risorse e le modalità per la loro realizzazione, nomina consulenti e affida incarichi di collaborazione, approva le rendicontazioni delle spese sostenute. Il Comitato scientifico, composto da 24 membri (esponenti del mondo della ricerca scientifica, professori di materie tecniche ed economiche, rappresentanti del mondo produttivo), che formula gli indirizzi di attività, monitora il suo andamento e vigila sulle attività realizzate. A questi due organi nella fase di valutazione di merito per la scelta dei progetti si sono affiancati gruppi di esperti internazionali, reclutati ad hoc su ciascun ambito d’indagine, per un totale di 56 valutatori.

1) Le Fondazioni che partecipano ad Ager sono: Ente Cr Firenze, Fondazione Cariparma, Fondazione Cariplo, Fondazione Cr Teramo, Fondazione Cr Cuneo, Fondazione Cr Ferrara, Fondazione Cr Modena, Fondazione Cariparo, Fondazione Cr Trento e Rovereto, Fondazione Crup, Fondazione Cr Vercelli, Fondazione Cr Bologna, Fondazione di Venezia.

 

Cerealicolo

Sono stati finanziati quattro progetti: tre per il frumento duro e uno per il riso. Il primo mira a consolidare le produzioni di alta qualità nel centro-nord Italia, onde contribuire meglio ai fabbisogni per la fabbricazione di pasta, che tuttora dipende dalle importazioni di materia prima. Il secondo studia l’effetto dei cambiamenti climatici sugli aspetti produttivi e qualitativi della coltura del grano duro, con l’obiettivo di individuare quelle variabilità genetiche che consentano lo sviluppo di varietà idonee alla condizioni climatiche dei prossimi decenni. Il terzo intende mettere a punto tecniche agronomiche a ridotto impatto ambientale da applicare alla coltivazione del frumento duro in Pianura Padana, riducendo il rischio d’insuccesso della coltura e consentendo di qualificare il prodotto finale (pasta) con etichette del tipo eco-label. Infine il progetto di ricerca dedicato al riso interviene nei settori critici della filiera, puntando all’impiego delle tecnologie genetico-genomiche per potenziare la resistenza alle malattie e a stress di natura ambientale, onde fornire mezzi e conoscenze per il miglior impiego della biodiversità sia nella coltura convenzionale sia in percorsi alternativi.

 

Ortofrutticolo

Sono stati selezionati tre progetti, dedicati alla coltivazione di mele, pere e produzioni di ortofrutticoli freschi pronti al consumo (cosiddetti di IV gamma). Il primo mira a ottenere nuove varietà di mele con caratteristiche qualitative superiori e dotate di resistenza ai vari patogeni. La finalità ultima è creare sul piano nazionale una gamma di varietà diversificata, adatta ai mercati serviti dal nostro Paese. Inoltre la ricerca consentirà di mettere a punto metodi non-distruttivi per valutare la maturazione, le qualità sensoriali e la conservabilità dei frutti. Il secondo vuole individuare soluzioni per una pericoltura più sostenibile, a costi di produzione e impatto ambientale ridotti. Punta a: controllare le malattie e gli insetti, migliorare la qualità del prodotto attraverso una raccolta per classi di maturazione omogenee, aumentare la conservabilità dei frutti dopo la raccolta. Il terzo intende ottimizzare e innovare le produzioni di IV gamma, studiando la produzione della materia prima, gli interventi di lavaggio, stabilizzazione e confezionamento, i metodi per prolungare la shelf-life del prodotto confezionato, senza scordare la sostenibilità ambientale.

 

Vitivinicolo

I progetti finanziati sono sei. Il primo intende sviluppare metodi per diagnosticare precocemente la “flavescenza dorata” e il “legno nero”, due patologie della vite che stanno incidendo sempre più pesantemente sull’economia del settore; vuole inoltre contribuire a ottenere piante resistenti. Il secondo punta a una viticoltura sostenibile, in termini di apporti idrici, concimazioni e trattamenti anche in vista di futuri cambiamenti climatici, selezionando nuovi portinnesti in grado di conferire alla pianta resistenza a condizioni colturali avverse. Il terzo mira a salvaguardare e valorizzare la “biodiversità” della vite, attuando un’approfondita caratterizzazione su base territoriale. Il quarto prevede lo sviluppo di una piattaforma tecnologica che certifichi la tracciabilità geografica dell’intera filiera, dalla materia prima al prodotto finito. Gli ultimi due progetti di ricerca intendono recuperare gli scarti dei processi di vinificazione e distillazione, per ridurne l’impatto ambientale e ottenerne derivati ad alto valore aggiunto destinati all’industri alimentare e alla produzione di energia, con un conseguente significativo profitto per le aziende di vinificazione.

 

Zootecnico

In questo comparto il focus è sulle tecniche di allevamento dei suini. Sono stati finanziati tre progetti. Il primo per mettere a punto nuove soluzioni tecniche e gestionali economicamente sostenibili, che consentano ad allevatori, tecnici e operatori di ridurre l’impatto ambientale delle aziende suinicole, in risposta alle recenti normative ambientali in materia di gestione dei reflui zootecnici. Il secondo mira a introdurre conoscenze, innovazioni e applicazioni pratiche  utili al superamento delle criticità del sistema produttivo italiano riguardo alla filiera suinicola. In particolare si occupa del miglioramento genetico del suino pesante; del processo di macellazione per ridurre la contaminazione microbica e del miglioramento delle caratteristiche nutrizionali della carne e dei prosciutti, mediante l’utilizzo di apposite diete a base di diverso contenuto di acidi grassi e di specifici processi tecnologici, che mirano alla riduzione del contenuto di sale. Il terzo, infine, si propone di fornire soluzioni agli operatori della filiera suinicola, in particolare gli allevatori, per adeguarsi alle nuove normative in materia di ambiente e benessere animale.

 

Un “primario” ad alto valore aggiunto

 

L’agroalimentare – che comprende i prodotti ortofrutticoli, la floricoltura, la zootecnia e la pesca, nonché tutti gli alimentari, inclusi vini e bevande – è uno dei settori che maggiormente contribuiscono all’immagine positiva del made in Italy. Non solo, infatti, insieme a quello metalmeccanico e del tessile-abbigliamento, è uno dei principali in termini di fatturato, numero di imprese e occupazione, ma è anche uno dei più identificativi del nostro Paese. I maggiori punti di forza sono la varietà di prodotti e la loro qualità. Sono tre le tipologie in cui i prodotti agroalimentari vengono solitamente classificati: quelli riconosciuti dal consumatore indipendentemente dal loro segno identificativo o dal loro sistema di garanzia; prodotti di marca del produttore e della grande distribuzione organizzata; prodotti tradizionali dotati di certificazione. Tra questi ultimi sono oltre 4mila quelli riconosciuti dalle Regioni, più di 160 identificati dall’Unione Europea – il 20% del totale comunitario –, oltre 480 i vini a denominazione di origine controllata (Doc), garantita (Docg) e a indicazione geografica tipica. Inoltre sul versante della qualità, i risultati sul “Controllo Ufficiale sui residui di prodotti fitosanitari negli alimenti” divulgato dal Ministero della Salute su migliaia di campioni di derrate fresche e alimenti trasformati in tutta Italia hanno dimostrato che i prodotti made in Italy sono al “top della sicurezza” a livello internazionale. Il 100% dei prodotti nei settori dell’olio di oliva, del riso, dei vini e del grano duro rispettano le norme di legge sui residui derivanti da agrofarmaci. Particolarmente confortanti sono infine i risultati relativi alla frutta e verdura commercializzate in Italia che, con ben il 98,5% dei campioni regolari, risulta la più sicura a livello comunitario, dove la media delle irregolarità arriva al 5%. Tutto questo, forse, non è un caso! Sulla base dei dati di un’indagine relativa alle opinioni degli italiani sull’alimentazione, aumenta il numero di coloro che consumano prodotti tipici e biologici. Il deciso orientamento verso la qualità e la sicurezza alimentare è confermato dal fatto che quasi otto italiani su dieci (77%) acquistano prodotti tipici a denominazione di origine, mentre sette su dieci (71%) acquistano alimenti biologici garantiti per l’assenza di contaminazioni chimiche. Emerge quindi che nella filiera agroalimentare la qualità, i controlli e la provenienza dei prodotti sono diventati elementi sempre più richiesti dai consumatori, ed hanno portato a ipotizzare una certificazione del prodotto in tutte le sue fasi, ovvero “dal produttore al consumatore”.

da “Fondazioni” maggio-giugno 2011

Link: www.progettoager.it