di Andrea Segrè *
Spreco Zero: una formula semplice, due parole messe in fila per enunciare una piccola rivoluzione, non solo grammaticale. Una visione che si è già tradotta in azione, il presente che vive e vede il futuro. La via d’uscita da una crisi economica, ecologica, etica, estetica – tante “e” – che non solo sembra senza fine ma è anche estrema – un’altra e – nelle sue profonde e crescenti disuguaglianze. Senza fine perché è in crisi ciò che sta a monte dell’economia e delle altre “e” richiamate: la politica. Che non riesce più a proporre nulla di nuovo, una visione lungimirante, che preveda – nel senso letterale del verbo – un investimento sul futuro, prestando attenzione prima di tutto ai giovani. L’epoca che stiamo vivendo non ha pari nella storia dell’umanità per il livello di conoscenza e il progresso raggiunti. Ma è altrettanto impari nella distribuzione delle risorse, delle ricchezze, delle tecnologie. Ricchezza e povertà, fame e sazietà, sviluppo e sottosviluppo: tutto si oppone. E la forbice fra chi ha e chi non ha si allarga sempre di più. Nella crisi, e tutti i dati disponibili lo confermano, i poveri aumentano e stanno sempre peggio, mentre i ricchi diminuiscono ma stanno sempre meglio. In Italia come altrove nel mondo. Le disuguaglianze crescono sempre più velocemente, come se il tempo scorresse in un’altra dimensione che non si misura più nella “lunga durata”, quella di Ferdinand Braudel per intenderci, ma nel fast and low, veloce e minimo, scarso, basso. In altre parole, a proposito di parole (molto) usate negli ultimi tempi, nel nostro Paese cresce lo spread fra ricchi, sempre di meno ma più ricchi, e poveri, sempre di più e più poveri. Del resto, già don Lorenzo Milani nella sua “Lettera a una professoressa” diceva: «Non c’è nulla che sia ingiusto quanto far le parti eguali fra diseguali». Disuguaglianza, deprivazione, povertà. Nuove povertà. Ma quanto tempo potranno durare queste tanto crescenti quanto insopportabili disuguaglianze? Che mondo è questo? Un mondo che deve durare nel tempo, che deve mantenere la sua musica, che è la vita, allungando le note e la loro risonanza come si fa con il pedale del pianoforte, “sustain” in inglese. La sostenibilità dunque, meglio ancora “durabilité” in francese: durare, mantenersi nel tempo, di generazione in generazione, essere capaci di adottare una visione-azione di lungo periodo, sia in campo economico sia ecologico, per tenere conto dei diritti di chi verrà dopo di noi e delle conseguenze future delle nostre azioni dell’oggi. Le risorse naturali alla base dei nostri bisogni fondamentali – il suolo, l’acqua, l’energia – non sono infinite e neppure scarse come sostiene qualcuno. Se le dobbiamo consumare – ci servono per vivere – dobbiamo anche consentire la loro rigenerazione nel tempo, che poi è il compimento della sostenibilità. La società sostenibile deve dunque rinnovarsi continuamente. Del resto, rinnovare contiene anche il verbo innovare che significa ricercare e sperimentare, nuovi prodotti, processi, tecnologie. Paradossalmente, l’ideale è proprio partire da un fenomeno assai negativo nella percezione comune: lo spreco. Di cibo, di acqua, di tempo, di vite, di risorse…c’è sempre qualcosa o qualcuno che si spreca. Eppure la stessa parola fornisce la strada, la formula. Basta dividerla in due e aggiungerci un meno e un più: lo “spr” è la parte negativa, l’“eco” quella positiva. Dobbiamo ridurre l’eccesso, il surplus, il troppo e far crescere l’eco, la casa grande (Natura) e piccola (Uomo). Lo “zero” numera, al minimo, l’obiettivo. Che in questo modo diventa il più alto, pur essendo il più basso in assoluto. Spreco Zero si gioca dunque fra due sostantivi che sono la base dello stare al mondo: sostenibilità e rinnovabilità, ovvero durare e rigenerare. Una società fatta di uomini che, nella riduzione al minimo assoluto dello spreco, dell’eccesso, dello sperpero, del surplus, dell’eccedenza, dell’inutile, del di più, vive (sta al mondo appunto) per durare nel tempo rinnovandosi continuamente. Un’utopia? No, se l’utopia la consideriamo come un orizzonte: Cammino due passi e si allontana di due passi. Cammino dieci passi e si allontana dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. “E allora, a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare” (Eduardo Galeano).
* Andrea Segre, Presidente di Last Minute Market, spin off accademico Università di Bologna. Ideatore della campagna europea “Un anno contro lo spreco” e promotore della Carta per le amministrazioni a Spreco Zero già firmata da oltre 300 sindaci italiani come impegno concreto per la riduzione degli sprechi alimentari. Spreco Zero come applicazione è partito con un finanziamento della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.