Le Marche, e Fabriano in particolare, tornano protagoniste di primo piano nel panorama italiano della cultura e delle grandi mostre con “Da Giotto a Gentile. Pittura e scultura a Fabriano fra Due e Trecento”, a cura di Vittorio Sgarbi. È un’iniziativa che accende i riflettori su uno smisurato patrimonio artistico in gran parte “sommerso” e inscindibile dal contesto paesaggistico e ambientale che è di straordinaria bellezza e che, con le sue antiche abbazie, gli eremi, le pievi e i monasteri sparsi nelle vallate appenniniche tra Marche e Umbria, crea la raffinata suggestione di un legame profondo con quelle maestranze addestrate al nuovo idioma giottesco, che un tempo frequentarono proprio quei luoghi. La mostra, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana, è aperta dal 26 luglio al 30 novembre e si propone di ritessere la trama di un complesso periodo storico ricco di testimonianze affascinanti, ma note solo o soprattutto agli studiosi e agli appassionati d’arte, al fine di permettere, pur con un approccio di approfondimento, un’ampia divulgazione rivolta a un pubblico più vasto ed eterogeneo. È questa, dunque, un’occasione speciale e imperdibile per conoscere le radici della civiltà occidentale. Ma vediamo più da vicino il contesto culturale nel quale si iscrive la mostra. Consolidatosi il potere longobardo su Fabriano, l’egemonia culturale dell’Umbria vide la sua affermazione nel corso del Trecento, sia dal punto di vista artistico sia sotto il profilo dei valori spirituali. La vicinanza con Assisi e i ripetuti soggiorni di San Francesco contribuirono ad animare una vivace realtà di fede che si avvalse della pittura come di un efficace strumento propagandistico ed educativo. Sul finire del XIII secolo, quando sui ponteggi della Basilica Superiore si affermava un nuovo eloquio pittorico compiutamente occidentale, l’influsso giottesco si propagava anche attraverso i valichi appenninici fino a Fabriano. Maestri anonimi, assai esperti nella pratica dell’affresco, lasciarono tracce del loro operato nelle più importanti chiese degli Ordini Mendicanti, ma anche nelle sperdute pievi sorte sui monti vicini alla città della carta. La mostra espone oltre 100 opere tra cui, insieme a dipinti, pale d’altare, tavole e affreschi staccati, ci sono sculture, oreficerie rarissime, miniature, manoscritti, codici. Opere delicate e preziose, concesse in prestito dai più prestigiosi musei italiani e stranieri, esposti presso la Pinacoteca Civica Bruno Molajoli di Fabriano e in tre splendide chiese del circuito urbano: la Chiesa di Sant’Agostino (Cappelle Giottesche), la Chiesa di San Domenico (Cappella di Sant’Orsola e Sala Capitolare), la Cattedrale di San Venanzio (Cappelle di San Lorenzo e della Santa Croce). Un’ampia sezione della mostra è dedicata ai raffinati dipinti su tavola realizzati da Allegretto Nuzi dopo il suo rientro dalla Toscana in occasione della peste del 1348: tavole e polittici (nella foto “Madonna con il Bambino in trono tra Santi”) caratterizzati da elette figure ispirate ai modelli fiorentini e senesi, rielaborati in chiave cortese, come testimoniano le varie redazioni della “Madonna dell’Umiltà”. È questo un soggetto frequentemente trattato sia dal Nuzi che dal suo allievo fabrianese Francescuccio di Cecco Ghissi (in foto “Angelo di San Matteo”), la cui produzione appare improntata a una spiccata sontuosità decorativa che soddisfa le esigenze della committenza di provincia. Alla cifra stilistica del caposcuola Allegretto si collega anche la produzione di sculture in legno intagliato e dipinto a grandezza naturale, destinate all’allestimento di presepi scenografici, attribuite a un anonimo Maestro dei Magi. Gli esemplari conservati a Fabriano e quelli del Museo di Palazzo di Venezia a Roma compongono un nucleo omogeneo riferibile a questo artista attivo a Fabriano e ben noto anche oltre i confini cittadini. Insieme agli affreschi e le tavole dipinte da artisti locali sono esposte opere di Giotto, Pietro Lorenzetti, Bernardo Daddi: un confronto che offrirà lo spunto per dare inizio a una nuova e più articolata visione delle vicende della pittura italiana del XIV secolo. La mostra si chiude con alcuni capolavori di Gentile, come la “Crocefissione” del polittico proveniente da Valleromita di Fabriano, ora nella Pinacoteca di Brera, o la raffinata “Madonna dell’Umiltà” del Museo nazionale di San Matteo di Pisa: lo stile elegante e forbito esibito dal caposcuola del Gotico Internazionale rivela la consuetudine giovanile con i pregiati ed eleganti apparati presenti nella città di origine. La mostra, che si avvale dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, del Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, è aperta tutti i giorni, escluso il lunedì mattina, dalle 10 alle 21 e fino alle ore 23 nei weekend.