Il progetto di tutela del territorio promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Storici Artistici e Etnoantropologici del Piemonte e le Diocesi della provincia di Asti, continua con un’indagine sulle presenze pittoriche nell’Astigiano tra Sei e Settecento, di cui dà conto un’ampia iniziativa culturale che ruota intorno alla mostra “Asti nel Seicento. Artisti e committenti in una città di frontiera”, aperta a Palazzo Mazzetti fino al 28 settembre. La mostra offre uno sguardo complessivo sulle vicende della pittura ad Asti nel Seicento, considerando quanto avvenne nei centri dell’attuale provincia, artificiosamente creata nel 1935. La situazione del patrimonio artistico riflette la complessa fisionomia giurisdizionale dell’ampia area geografica, che comprende oggi diverse zone che nel XVII secolo erano amministrativamente parte dello Stato di Milano sotto la Spagna, dell’antico Ducato del Monferrato, oltre che del Piemonte sabaudo. Un attento apparato didattico permette di visualizzare, sulla base della veduta seicentesca del territorio fornita dal “Theatrum Sabaudiae” (1682), l’incredibile ricchezza di edifici religiosi che c’era allora, in gran parte oggi non più esistenti a causa di vicende storiche complesse raccontate nella mostra, nel catalogo e in una serie di incontri di approfondimento. La mostra, organizzata dalla Fondazione Palazzo Mazzetti, di cui è socio fondatore la Fondazione Cr Asti, si configura come una mostra-dossier, allestita tra il salone d’onore del piano nobile e nelle sale dell’ala orientale del piano terreno. Oltre a incisioni e tessuti particolarmente significativi per qualità artistica e rilevanza storica, individuati nel corso della ricerca condotta dall’Università di Torino, la mostra propone 16 dipinti per la più parte restaurati con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio. Si possono ammirare opere sconosciute agli studi ma di grande rilievo per la storia artistica del Piemonte, prima fra tutte l’imponente pala della “Madonna del Rosario” (foto) un tempo collocata nella perduta chiesa dei Domenicani della Maddalena e oggi in San Paolo. Si tratta di un dipinto cruciale per la storia della penetrazione della cultura artistica fiamminga in Italia settentrionale verso la fine del Cinquecento: un prototipo dal quale discenderanno per gemmazione numerose derivazioni disperse in molte zone dell’astigiano e dell’alessandrino; un episodio di rilievo che anticipa la presenza, sempre ad Asti, di uno dei più bei quadri che raggiunsero la regione nel Settecento, vale a dire la “Cena in casa di Simone il Fariseo” di Pierre Subleyras (1737), eseguita per i Canonici Lateranensi di Santa Maria Nuova, requisita negli anni napoleonici e approdata al Louvre. Proveniente da Roma è invece la “Beata Vergine d’Oropa con i SS. Elena ed Eusebio e il ritratto di Giacomo Goria”, vescovo di Vercelli ma nativo di Villafranca, opera spettacolare dipinta dal lucchese Pietro Paolini intorno al 1650, che va annoverata tra i grandi quadri del Seicento conservati nelle chiese piemontesi. Nella sala dei Lombardi i visitatori, dopo l’incontro con una pala di Camillo Procaccini raffigurante il Battesimo di Cristo già nel Duomo di Asti, possono vedere la tela con “San Secondo a cavallo” (foto) proveniente da Villanova: uno stupendo inedito per l’iconografia del santo patrono di Asti. Mentre per la sezione dedicata ai pittori genovesi, sono tornati a Palazzo Mazzetti le spettacolari tele di Giovanni Battista Carlone di Incisa Scapaccino, restaurate con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti nel 2000. La mostra è aperta tutti i giorni da martedì a domenica, dalle 10,30 alle 19,30.