È segnalato sulla stampa come esempio particolarmente riuscito di distretto culturale quello sorto nella parte centrale della Calabria chiamato “Area dell’Istmo: arte, natura e cultura tra Ionio e Tirreno”. Un nome un programma. Nato insieme a una quarantina di altri progetti similari nell’ambito dell’iniziativa Sviluppo Sud, sviluppata tra il 2004 e il 2006 dalle Fondazioni di origine bancaria per favorire lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia, esso riesce, infatti, a focalizzare l’attenzione sulle risorse storico-artistico-ambientali del territorio, grazie soprattutto a una rete di figure professionali, “gli animatori del territorio”, capaci di promuovere l’intero distretto anche in termini turistici. Tutto ciò grazie a un approccio sistematico e a una metodologia messi a punto dal Centro Herakles dell’Università della Calabria, che è stata ed è fra i principali protagonisti della realizzazione di questo Distretto. «Il Centro – sottolinea la professoressa Giovanna De Sensi Sestito, che ne è responsabile scientifico – grazie a diversi progetti specifici ha inteso valorizzare anche il patrimonio cosiddetto minore, per una piena, consapevole e adeguata riappropriazione dell’identità culturale del territorio, da proporre anche in forme di fruizione turistica». Nell’ambito di Sviluppo Sud in questi anni si è sviluppato anche il Distretto Culturale dell’Habitat Rupestre della Basilicata, nato intorno al recupero della Chiesa rupestre del Peccato Originale (VIII-IX sec. d.C.) situata poco fuori Matera che, da quando è stata aperta nel 2006 a oggi, ha registrato oltre 32mila visitatori. Il Distretto è un percorso storico-artistico che “racconta” la storia del territorio lucano, dalla preistoria all’età contemporanea, attraverso lo straordinario patrimonio di grotte e ipogei, le cui pareti sono decorate da coloratissimi affreschi, testimonianza di insediamenti abitativi in grotta. È composto da diversi siti fino a pochi anni fa assolutamente ignorati dal flusso dei turisti che ogni anno visitano Matera perché le abitazioni e le chiese rupestri versavano in un profondo stato di abbandono ed erano difficilmente accessibili. Le ha recuperate e valorizzate la locale Fondazione Zetema con l’aiuto delle Fondazioni di origine bancaria.
da “Fondazioni” luglio-agosto 2013